Foggia, papà di Donato: “Non vogliamo vendetta, ma giustizia”

"Non chiediamo vendetta, è un sentimento che non ci appartiene, vogliamo giustizia, ma sopravvivere alla morte di un figlio è atroce"

© Roberto Monaldo / LaPresse

CERIGNOLA (Foggia) – “Non chiediamo vendetta, è un sentimento che non ci appartiene, vogliamo giustizia, ma sopravvivere alla morte di un figlio è atroce”. E’ l’appello consegnato a LaPresse da Giuseppe Monopoli, il papà di Donato, 26enne di Cerignola (Foggia), morto l’8 maggio 2019, sette mesi dopo l’aggressione avvenuta in una discoteca di Foggia, la sera del 6 ottobre 2018.

Con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dai futili motivi, sono stati rinviati a giudizio due ragazzi di Foggia, coetanei della vittima, rimessi in libertà dopo tre giorni in carcere e quattro mesi ai domiciliari. La difesa ha ottenuto il processo con rito abbreviato, all’esito dell’udienza preliminare che si è svolta davanti al gup del tribunale di Foggia. E’ stata rigettata l’opposizione degli avvocati che in giudizio rappresentano i genitori e i fratelli di Donato Monopoli, Franco Menna e Rosario Mario del foro di Foggia, costituiti parte civile. I penalisti avevano fatto riferimento alle nuove disposizioni di legge secondo cui non è ammissibile il rito abbreviato per i reati punibili con l’ergastolo. Per il gup, il fatto è avvenuto prima dell’entrata in vigore della legge. La discussione è stata fissata al 22 maggio prossimo.

 “Non ci aspettavamo l’abbreviato, ma il giudice così ha deciso”, dice Giuseppe Monopoli. “Adesso attendiamo l’udienza e ci auguriamo che ci sia una pena giusta per chi ha aggredito Donato per futili motivi. “Sono cose che non devono capitare a nessuno: il dolore è troppo grande”, prosegue.

“Donato non andava in discoteca, usciva poco, lavorava sodo nel negozio di infissi e porte blindate di famiglia a Cerignola perché voleva diventare un bravo imprenditore”, racconta il papà del ragazzo. “Quella sera è stato un caso: ha accompagnato un suo amico rientrato dalla Spagna e sono finiti in quella discoteca. Cosa è successo lo abbiamo letto nelle carte dell’inchiesta”, spiega. “Nostro figlio è stato aggredito solo perché aveva tentato di fare da paciere tra due gruppi, uno dei quali aveva detto ‘Qua stiamo a Foggia’, dopo aver visto gli amici di Donato parlare con delle ragazze. L’hanno pestato e mio figlio è finito in ospedale. Ha lottato con tutte le sue forze sino a quando ha potuto”, prosegue.

“Fa male anche il fatto che i due imputati non abbiamo mai chiesto scusa. Loro sono liberi, mentre mio figlio non c’è più. E comunque oggi non siamo neppure in grado di accettarle, le scuse, dopo tutto quello che è successo”, conclude Giuseppe Monopoli.

Per ricordare Donato Monopoli e per far conoscere la sua storia, i genitori hanno creato una pagina Facebook che oggi conta 22.795 follower. Oggi il papà e la mamma del ragazzo hanno scritto un post: “Sopravvivere alla morte di un figlio è innaturale, ma è ancora inaccettabile quando ti viene strappato con violenza, per questo pretendiamo giustizia e verità”.

(LaPresse)

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