Foggia, tentò di uccidere l’esponente del clan rivale: arrestato

L'operazione è considerata di "grande importanza" dalla procura di Bari perché "ha consentito di porre un altro fondamentale tassello nella ricostruzione della vicenda che ha al centro il quadruplice omicidio del 9 agosto 2017

Foto LaPresse - Stefano Porta

BARI – La polizia e i carabinieri di Bari, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Massimo Perdonò, 42enne nato a Foggia. Per tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da sparo e rapina. E con l’aggravante di avere agito con metodo mafioso e al fine di agevolare il clan Romito. Perdonò è ritenuto esponente di spicco della batteria criminale foggiana Moretti-Pellegrino-Lanza, alleata al clan Romito di Manfredonia (Foggia).

L’arresto per il tentato omicidio di Giovanni Caterino, esponente del clan Li Bergolis

Il 41enne è ritenuto gravemente indiziato, in concorso con altre persone al momento non identificate, del tentato omicidio di Giovanni Caterino, 39enne nato a San Giovanni Rotondo (Foggia), esponente del clan Li Bergolis, avvenuto a Manfredonia il 18 febbraio dell’anno scorso. Caterino è attualmente detenuto perché ritenuto coinvolto nel quadruplice omicidio del 9 agosto 2017 nelle campagne di Apricena (Foggia). Un omicidio che costò la vita a Mario Luciano Romito, capo dell’omonimo clan, suo cognato Matteo De Palma, e i fratelli Aurelio e Luigi Luciani.E del tutto estranei, scrive la procura di Bari, alle logiche mafiose.

Le indagini delle forze dell’ordine

Le indagini sul quadruplice omicidio avevano consentito di appurare che Caterino avesse pedinato e inseguito il veicolo su cui viaggiavano le vittime, Romito e De Palma. Contribuendo a pianificare, organizzare ed eseguire l’omicidio, studiando le abitudini quotidiane di Romito. Per questo motivo Caterino ha subito l’arresto con custodia cautelare in carcere a ottobre. Dalle indagini dei carabinieri di Foggia è poi emerso che Caterino, individuato come corresponsabile dell’agguato ai danni di Romito, fosse scampato, in un momento successivo a Manfredonia, a un tentato omicidio da parte di tre persone rimaste ignote.

Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso i movimenti dei responsabili

Dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza cittadine è stato possibile appurare che si trattasse di tre persone a bordo di un’Alfa Romeo Giulietta di colore grigio. Persone riprese ad aggirarsi vicino alla sua abitazione alle 7 del 18 febbraio. Caterino, come emerso anche da una conversazione intercettata dai carabinieri, dopo essere salito a bordo della propria auto è stato inseguito dall’Alfa Romeo Giulietta. I tre aggressori, mascherati con parrucche e armati di pistola, hanno tentato di bloccarlo speronando la sua auto. Ma i danni riportati dalla loro vettura hanno permesso all’uomo di allontanarsi.

La testimonianza di Perdonò

I tre hanno poi rapinato un’altra auto a un passante per fuggire. Dopo qualche tempo è emersa una conversazione tra Francesco Abbruzzese, esponente di primo piano del gruppo Moretti, e Perdonò in cui quest’ultimo raccontava le fasi salienti dell’agguato ai danni di una persona. Perdonò ha inoltre riferito i particolari. Specificando che la loro auto avesse riportato danni dopo il tentativo di speronamento. E che avessero dovuto desistere dal tentato omicidio per poi rapinare un’altra auto. La conversazione ha trovato riscontro nelle immagini delle telecamere di videosorveglianza.

L’obiettivo del clan Romito era vendicare la strage di Apricena

L’operazione è considerata di “grande importanza” dalla procura di Bari perché “ha consentito di porre un altro fondamentale tassello nella ricostruzione della vicenda che ha al centro il quadruplice omicidio del 9 agosto 2017”. Il tentato omicidio di Caterino si inquadra nel proposito, da parte del clan Romito, di vendicare la strage di Apricena. Colpendo almeno uno dei suoi autori. Massimo Perdonò (nipote di Rocco Moretti), è ritenuto esponente del clan Moretti, storicamente alleato al clan Romito. Per questo motivo, precisa la procura, disponibile ad appoggiare quest’ultimo nel proposito di vendetta per l’uccisione di Mario Luciano Romito. Colpendo appartenenti o persone vicine all’opposto clan Li Bergolis.

Le modalità dell’agguato

“Le risultanze investigative – scrive la procura – unitamente alle modalità dell’agguato (i membri del commando erano travisati in quanto indossavano delle parrucche ed armati di fucile e pistola), alle circostanze di tempo e di luogo tali da amplificarne la portata e affermare il predominio del sodalizio di appartenenza (l’agguato è stato commesso di prima mattina e in pieno centro abitato di Manfredonia), ha consentito di contestare e ottenere dal gip il riconoscimento dell’aggravante mafiosa. Certificando altresì il forte legame tra la batteria foggiana capeggiata da Rocco Moretti con il clan Romito operante a Manfredonia”. La misura restrittiva è stata notificata in carcere, dove Perdonò è già ristretto. Dopo essere stato arrestato nella recente operazione antimafia ‘Decima Azione’, coordinata dalla Dda di Bari.

(LaPresse)

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