Francia, Macron: da outsider a presidente alla ricerca del secondo mandato

Anche se i sondaggi lo danno vincitore (con forbici che oscillano fra il 55,5% contro 44,5% e il 57,5% contro un 42,5%), in particolare dopo il duello tv in cui si è confrontato mercoledì sera con Marine Le Pen, Emmanuel Macron non vuole dare niente per scontato.

in foto Emmanuel Macron (Ludovic Marin, Pool photo via AP)

MILANO – Anche se i sondaggi lo danno vincitore (con forbici che oscillano fra il 55,5% contro 44,5% e il 57,5% contro un 42,5%), in particolare dopo il duello tv in cui si è confrontato mercoledì sera con Marine Le Pen, Emmanuel Macron non vuole dare niente per scontato. È consapevole che, in questa riedizione dello scontro con la candidata di estrema destra già visto nel ballottaggio del 2017, stavolta l’avversaria ha dalla sua anche il fatto di poter cavalcare il malcontento contro qualcuno che non è più un outsider, non più un volto nuovo, ma un presidente uscente che ha già operato.

Quando arrivò all’Eliseo nel 2017, a soli 39 anni, Macron diventò il presidente più giovane della storia di Francia. A cinque anni di distanza, adesso 44enne, è candidato alla sua successione dopo aver guidato il Paese attraverso la rivolta sociale dei gilet gialli, la pandemia di Covid-19, la gestione della Brexit e, infine, attraverso la crisi legata alla guerra in Ucraina. Domina ancora la politica francese, ma affronta una sfida consistente dall’estrema destra: è il candidato che ha ottenuto più voti nel primo turno delle presidenziali, il 10 aprile, e al ballottaggio di domenica 24 aprile la sfida sarà con Marine Le Pen.

In prima linea negli sforzi diplomatici per porre fine alla guerra, complice anche il fatto che la Francia ricopre da gennaio il semestre di presidenza di turno Ue, Macron ha aspettato fino all’ultimo per ufficializzare la candidatura: lo ha fatto il 3 marzo scorso, un giorno prima della scadenza ultima, con una ‘Lettera ai francesi’ pubblicata sui giornali locali. Già da un po’ le sue intenzioni non erano un mistero, tanto che veniva descritto come un non candidato in campagna elettorale e i critici lo accusavano di sfruttare il ‘pulpito presidenziale’, finanziato dai contribuenti, per condurre la campagna.

A gennaio aveva dichiarato di avere “il desiderio” di candidarsi ma che voleva attendere un miglioramento della situazione del Covid-19; poi a febbraio, mentre era sul volo fra Mosca e Kiev dove si era recato per incontrare rispettivamente Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per provare a scongiurare lo scoppio della guerra, aveva detto che prima di tutto intendeva concentrarsi sulla crisi Ucraina-Russia.

Europeista convinto, liberale, nella prima corsa per l’Eliseo nel 2017 aveva voluto presentarsi come un ‘outsider’ centrista che parlava sia alla sinistra sia alla destra, pur avendo già alle spalle la posizione di ministro dell’Economia sotto la presidenza del socialista François Hollande. Il cuore delle sue promesse? Una ‘rinascita della Francia’.

Convinse i francesi battendo al secondo turno Marine Le Pen con uno schiacciante 66,10% contro 33,90%. Lo scenario del secondo turno contro Le Pen, appunto, si ripropone. E in vista di questo il presidente uscente va a caccia di voti in particolare fra gli elettori di sinistra che hanno votato per Jean-Luc Mélenchon, terzo al primo turno delle presidenziali: un compito non facile dopo avere governato in modo spesso criticato a sinistra, che gli è valso il soprannome di ‘presidente dei ricchi’, tanto che gli elettori di Melenchon potrebbero non votare o in alcuni casi, per quanto strano possa sembrare, potrebbero votare Le Pen come voto anti-Macron.

Se c’è un aggettivo che ricorre in tutte le descrizioni di Macron è ‘ambizioso’. Nato il 21 dicembre del 1977 ad Amiens da una famiglia di medici (padre neurologo e madre pediatra), Macron riceve un’istruzione borghese: frequenta una scuola di gesuiti, dove a 17 anni incontra quella che diventerà la moglie, Brigitte Trogneux, allora insegnante di francese, 24 anni più grande di lui e che sposerà poi nel 2007; lascia però l’istituto per diplomarsi a Parigi, nel famoso liceo privato Henri VI. Passa poi all’università di Science Po sempre nella capitale e, dopo un master in filosofia politica all’università di Nanterre, entra nel 2002 all’Ena, la prestigiosa École nationale d’administration in cui si è formata gran parte della classe politica francese.

L’ascesa nel mondo dell’economia e poi della politica è rapida. Nel 2008 diventa banchiere d’affari presso la banca d’investimenti Rothschild e fa fortuna, un aspetto della sua vita che gli è stato spesso contestato quando ha voluto presentarsi come un ‘anti-sistema’.

Con un passato nel Partito socialista, sbarca poi in politica nel 2012, quando viene nominato segretario generale aggiunto della presidenza di Hollande. E nel 2014 diventa ministro dell’Economia di Hollande, attirandosi critiche soprattutto a sinistra per la ‘legge Macron’, per “la crescita dell’attività e l’uguaglianza delle opportunità economiche”. Prevedeva fra le altre cose l’ampliamento dell’apertura delle domeniche per i negozi e la modifica delle norme del licenziamento collettivo, tanto che per approvare il testo il governo fu costretto a invocare l’articolo 49.3 della Costituzione, per saltare il voto del Parlamento.

Nel 2016 lascia l’incarico e fonda un suo movimento politico, ‘En Marche!’, in vista della corsa all’Eliseo. Corsa che stravince al secondo turno, dando alla vittoria un alto valore simbolico: il suo primo discorso lo pronuncia davanti alla piramide del Museo del Louvre, con luci curate in ogni dettaglio, quasi a illustrare anche con immagini la promessa ‘Rinascita della Francia’. Ha introdotto leggi più dure e controverse contro il terrorismo e ha reso più facile per le imprese i licenziamenti, ma sull’imposta che nel 2018 voleva introdurre sui carburanti ha dovuto fare marcia indietro visto lo scoppio della rivolta dei gilet gialli.

Prima del 10 aprile, dopo una spinta in alto nei sondaggi sull’onda degli sforzi diplomatici per la guerra in Ucraina, Macron aveva subìto un rallentamento per l’emergere del cosiddetto ‘affaire McKinsey’: da un report del Senato (dove l’opposizione conservatrice ha la maggioranza) è venuto fuori che il governo si è avvalso di consulenze per 1 miliardo di euro con società private come McKinsey per gestire la campagna vaccinale contro il coronavirus e altre questioni, cosa secondo i critici resa ancor più grave dal fatto che McKinsey non ha pagato le tasse in Francia almeno dal 2011. “Voglio ricordare a coloro che mostrano sdegno che loro hanno usato” le ditte di consulenza anche nei governi locali, ha tuonato Macron nel grande comizio del 2 aprile, rivendicando il suo impegno per la Global tax Ue. Nel secondo mandato a cui aspira, Macron vorrebbe portare a termine la riforma delle pensioni innalzando gradualmente l’età pensionabile da 62 a 65 anni, misura piuttosto impopolare, ma vorrebbe anche aumentare la pensione minima dagli attuali 700 a 1.100 euro, arrivare al pieno impiego entro 5 anni e tagliare le tasse per famiglie e imprese. E ha promesso misure entro l’estate anche per chi spende “lo stipendio in benzina, bollette e affitto”. Nonchè, per puntare agli elettori delusi e di sinistra, si è impegnato per “5 anni di completo rinnovamento”, a partire da una “politica ecologica”.

di Chiara Battaglia

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