CESA – Chi ha accompagnato Antonio Mangiacapre, l’operaio di 53 anni di S. Cipriano d’Aversa, che ha ucciso i fratelli Marrandino, da Cancello Arnone, dove aveva lasciato la sua auto, una Volkswagen, al Borgo Appio, dove ha l’azienda agricola il cognato, Gennaro G.? Il soggetto che si è prestato ad aiutarlo è una delle persone che, probabilmente, sa la verità su cosa ha spinto Mangiacapre a litigare con Claudio e Marco Marrandino e poi ad ucciderli a colpi di pistola. Ma chi è questa persona? Si tratterebbe di un altro congiunto di Mangiacapre.
L’operaio lo ha chiamato dopo aver compiuto l’insano e barbaro gesto o già era a conoscenza di quanto avesse dovuto fare?
Interrogativi a cui i carabinieri di Aversa, coordinati dal pubblico ministero Antonio Vergara, proveranno a rispondere in tempi brevissimi. E sulla scia di questi quesiti, ce n’è un altro che va posto: chi ha accompagnato l’omicida dal cognato, perché non è stato il soggetto designato per inscenare la finta rapina? Spieghiamo meglio. Il 53enne, giunto nell’azienda agricola situata nell’area del Borgo Appio, frazione di Grazzanise, aspettava che arrivasse il cognato, impegnato per lavoro, per raccontargli che gli avevano portato via l’auto, prospettando la possibilità di un cavallo di ritorno. A queste informazioni, il cognato avrebbe reagito dicendogli: ti porto in caserma a fare denuncia. E lungo il tragitto Mangiacapre si è sentito male, circostanza che spinse l’imprenditore agricolo ad accompagnarlo a Pineta Grande, dove è stato arrestato dai carabinieri.
Come ha ammesso lo stesso Mangiacapre, la storia della rapina era una farsa. Perché coinvolgere il cognato e non affidarsi a chi era andato a prenderlo a Cancello Arnone? Il 53enne nel corso dell’udienza di convalida ha ammesso di aver sparato ai Marrandino, professionisti di Cesa, sostenendo che alla base di questa barbarie ci fosse stata una banale lite per la viabilità, consumatasi il 15 giugno scorso in territorio di Orta di Atella, precisamente allo svincolo che dalla Nola-Villa Literno porta a Succivo. Motivazione che non ha convinto pienamente, per ora, né il giudice che ha disposto il carcere per l’indagato né la Procura. Ad aiutare a far luce agli investigatori saranno anche le analisi sui vari cellulari sequestrati nell’ambito dell’indagine. Il pm ha affidato l’incarico al consulente Carmine Testa per acquisire copia forense dei cellulari sequestrati alle vittime, a Mangiacapre, al figlio e al cognato.
Tra l’assassino e i Marrandino c’era un appuntamento? I fratelli di Cesa venivano dall’aeroporto di Capodichino (Marco, avvocato, era andato a prendere Claudio, che segue insieme agli altri due fratelli la ditta di famiglia attiva nel settore edile). Mangiacapre, armato, era partito da San Cipriano, dove abita. La moglie di Claudio ha raccontato alle telecamere di Estate in Diretta, di aver ricevuto una chiamata proprio dal marito in merito a un ritardo che avrebbe avuto nel tornare. Doveva incontrare qualcuno?
Oltre ai telefoni saranno esaminati i video ripresi dall’impianto di videosorveglianza situati in un’azienda di Succivo, quello di un ristorante situato sulla strada tra Villa Literno e Cancello Arnone, quello di una cittadina, di una società di Orta di Atella e quelli del cognato. Ad assistere Mangiacapre, ora in carcere per omicidio (la prova regina, per adesso, sono i carabinieri della pattuglia che si trovava poco distante dal luogo del delitto che lo hanno visto mentre sparava), detenzione illegale di armi (oltre all’arma usata per uccidere, in casa aveva un fucile modificato, una Beretta calibro 7,65 e svariati proiettili) e resistenza a pubblico ufficiale (dopo aver sparato ai Marrandino per sottrarsi all’arresto si è reso protagonista di una pericolosa fuga in auto conclusa a Cancello Arnone). I familiari delle vittime sono rappresentati in questa vicenda giudiziaria dagli avvocati Luigi Marrandino, Dario Carmine Procentese, Luigi Poziello e Giuseppe Laudante.
Fratelli Marrandino uccisi. Dopo gli omicidi Mangiacapre ha fatto tappa nell’azienda del cognato
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