ROMA – Da un lato Bisignani, dall’altro Giorgetti. Ruoli diversi, modi di affrontare la vita (e la politica) quasi opposti. Ma entrambi amano l’ombra. Parlare poco e intervenire soltanto quando è necessario.
Tra ombra e potere
Il primo, giornalista e ‘faccendiere’, uomo di fiducia di Andreotti, consulente d’azienda e condannato per le vicende Enimont e P4. Il secondo, motore ‘nascosto’ della Lega. Eletto alla Camera nel 1996, ha accompagnato il partito in tutte le sue trasformazioni: dal ‘ce l’ho duro’ di Bossi alla leadership salviniana, passando per le ‘scope’ di Maroni (per fare pulizia dopo i patatrac ‘Trota’ e Belsito). Conosce i salotti buoni e frequenta le persone ‘che contano’, ma con discrezione, senza schiamazzi.
Luigi Bisignani e Giancarlo Giorgetti, quasi in contemporanea, hanno affrontato pubblicamente (rispettivamente su Il Tempo e Libero) due tematiche cruciali per il Governo: Europa ed economia. Hanno trattato gli stessi argomenti con ‘tagli’ diversi. Uguale, invece, il filo conduttore dei loro discorsi: il populismo e i suoi effetti (dentro e fuori al Governo).
Il faccendiere e Tria
Il ‘faccendiere’, nel suo articolo, ha parlato del ministro Giovanni Tria: per ‘l’uomo che sussurrava ai potenti’ ormai sono evidenti gli indizi che ne preannunciano una fine politica prematura. Il professore dell’università Tor Vergata con Salvini non avrebbe buoni rapporti, e con Di Maio, invece, evidenti incomprensioni. I suoi modelli ‘econometrici’, ha scritto Bisignani, non sono capiti dai leader di Lega e Cinque Stelle. Eppure a tenerlo saldo sulla poltrona di via Venti Settembre, con buona pace dei giallo-verdi, ci sarebbero le mani del Quirinale e della Bce. Fino al prossimo maggio, quindi, è al sicuro. Le elezioni europee poi decideranno il da farsi. Se le forze populiste dovessero ‘prendersi’ Bruxelles, gli equilibri (a Roma e nelle altre nazioni) verrebbero stravolti. Chi ora ‘protegge’ Tria perderebbe forza. E un ministro filo-euro, a quel punto, apparirà superfluo, così il vertice pentaleghista avrà tutte le carte in regola per ri-presentare il disegno di Governo originale (quello bocciato dal presidente Mattarella): Paolo Savona all’Economia (al posto di Tria) e non agli affari Europei.
Il sottosegretario e i mercati
L’avvento del populismo che potrebbe decretare la fine politica di Tria è lo stesso che, secondo Giorgetti, rischia di danneggiare i mercati italiani. Non perché il sottosegretario lo consideri un male, ma perché il populismo ‘male’ viene visto dai potentati economici.
“I mercati – ha detto il leghista in un’intervista a Libero – sono popolati da affamati fondi speculativi che scelgono le loro prede e agiscono. Abbiamo visto cos’è accaduto a fine agosto nel ’92 e sette anni fa con Berlusconi. In estate ci sono pochi movimenti nelle Borse, è un periodo propedeutico a iniziative aggressive nei confronti degli Stati”. Basta guardare cosa sta succedendo in Turchia. Giorgetti aspetta l’attacco. Dovrebbe arrivare a fine agosto. Ma l’italia “è un grande Paese e ha le risorse per reggere, anche grazie al suo risparmio privato”. A preoccupare il sottosegretario è la gestione dei titoli. “Nel silenzio generale una buona parte è stata portata all’estero”. Quindi la loro ‘conduzione’ non può essere domestica. E il Governo così ha le mani legate.
Se realmente attacco ci sarà, ha chiarito Giorgetti, è perché “il governo populista non è tollerato. La vecchia classe dirigente italiana ed europea vuol far abortire questo governo per non alimentare precedenti populisti”.
Bisignani e Giorgetti parlano poco. Intervengono soltanto quando è necessario. E se lo hanno fatto, quasi in contemporanea e sugli stessi temi, è perché hanno annusato puzza di bruciato. Forse non sarà un agosto troppo tranquillo.