Giornaloni e marchette, Travaglio denuncia: si comprano la ‘buona stampa’ coi soldi dei cittadini. I 5 Stelle compatti sui casi Repubblica-Atlantia e Caltagirone

Il durissimo editoriale del direttore del Fatto Quotidiano sui potentati che condizionano l'informazione

Photo Fabio Cimaglia / LaPresse

ROMA – La fine dei silenzi comprati con la pubblicità. E’ quanto promette il Movimento 5 Stelle con Luigi Di Maio. Lo auspica Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, nell’editoriale pubblicato questa mattina. “Nel 2010 l’Enel comprò alcune pagine del Fatto, come pure degli altri giornali, per promuovere la quotazione di Green Power. Noi illustrammo i possibili rischi di quel prodotto finanziario. L’articolo non piacque all’addetto stampa di Enel, che inviò al nostro concessionario di pubblicità una spudorata mail annunciando la fine delle inserzioni sul nostro giornale. Evidentemente gli altri l’avevano abituato a vendere a Enel, in cambio di qualche pagina di pubblicità, anche tutte le altre: quelle teoricamente riservate all’informazione”.

L’episodio citato dal Fatto fa parte di una consuetudine tremendamente diffusa. Di un marchettismo dilagante che imbavaglia i giornali collegati a potentati economici e rende l’Italia uno dei Paesi con meno libertà di stampa d’Europa. Ed è ancora più inquietante quando il ‘do ut des’ viene innescato da società partecipate dallo Stato. Come Acea, o gruppi che hanno in concessione servizi statali, anche in regime di monopolio, come Autostrade.

Il silenzio sui Benetton a prezzo di inserzione

E proprio sul caso della società che fa capo alla famiglia Benetton, tristemente protagonista del crollo del Ponte Morandi a Genova, Travaglio si sofferma:Quel gran genio (il riferimento è sempre all’ex addetto stampa di Enel ndr) lasciò poi l’Enel per approdare alle Autostrade dei Benetton. Dove continuò a foraggiare i giornali in cambio di soffietti e silenzi, addirittura a sponsorizzare la festa di Repubblica e iniziative di altre grandi testate. Che infatti dopo il crollo del Ponte Morandi impiegarono parecchi giorni prima di nominare, obtorto collo, i Benetton. 

Se poi un’azienda è monopolista, come gli acquedotti municipali o le Autostrade, non c’è motivo di concorrenza che giustifichi i suoi spot, inserzioni e sponsorizzazioni di qua o di là (se non quello inconfessabile di comprarsi la buona stampa coi soldi dei cittadini); se invece ha concorrenti privati e deve comunicare un nuovo servizio, è tenuta a farlo nella massima imparzialità per non turbare vieppiù il mercato editoriale.

L’ha spiegato Gad Lerner, ex firma di Repubblica, al Fatto dopo la tragedia di Genova: “L’eccesso di zelo con cui si è protetta la famiglia Benetton – e cito anche lo spirito acritico con cui era stata valutata l’esperienza di Sergio Marchionne – ha confermato un riflesso automatico dei media a difesa dei grandi imprenditori, che poi spesso sono stati (o sono) nei gruppi editoriali”. E l’ha ribadito a La Verità: “I grandi giornali si sono dimostrati reticenti perché, in tempi di penuria di pubblicità, sono stati condizionati dagl’investimenti degli azionisti di Autostrade… Altra prova che, per molti anni, direttori di testate e protagonisti dell’informazione sono stati confidenti di grandi capitalisti e allo stesso tempo consiglieri dei dirigenti della sinistra”.

Travaglio e le paure dei ‘giornaloni’

“Gli inserzionisti (anche partecipate o concessionarie di Stato) premiano non le testate più lette, ma le meno critiche con loro e con i governi retrostanti”. Anche su questo concetto espresso dal direttore del Fatto Quotidiano è necessario soffermarsi. Un’informazione libera e corretta non può programmare il proprio menabò e la propria linea editoriale a seconda delle esigenze politiche degli inserzionisti. Ed è, purtroppo, quello che sempre più spesso accade nei cosiddetti ‘giornaloni’. I quali, immediatamente, levano gli scudi.

“Perciò leggiamo con grande sorpresa l’editoriale di Ezio Mauro su Repubblica, che accusa Di Maio di voler sottomettere la stampa più sottomessa d’Europa con “l’ordine alle partecipate dello Stato di non fare più pubblicità sui giornali”, con una “ritorsione per quelle poche fonti di informazione che le forze di governo non controllano direttamente o indirettamente”, dopo che “la Rai si è allineata”, anzi è stata “addomesticata” e “gli imprenditori comprati con un semi-condono” (vuoi mettere invece Renzi che anticipava a De Benedetti il decreto Banche popolari, facendogli guadagnare 600 mila euro in Borsa senza muovere un dito)”. 

I lettori? Chi se ne frega

E chi se ne frega dei lettori. E’ quello che traspare. Meglio assecondare i Benetton, tacendo sul caso Autostrade, o attaccare su alcuni conflitti di interessi piuttosto che su altri. E su questo Travaglio attacca ancora: “Lo stupore aumenta quando Mauro scrive che l’ordine di Di Maio “non cambierà nulla per i giornali”, però ci precipiterà in un plumbeo “mondo senza giornali, dominato dalle prediche impartite ai seguaci dal pulpito dei social”.

Ora, se per i giornali vendere o non vendere pagine alle società pubbliche non cambia nulla, in che senso Di Maio vuole “neutralizzare i giornali, convinto che tutto si compri e si venda”? Se Repubblica continuerà a tenere le sue feste anche senza la sponsorizzazione di Autostrade-Benetton, e anche senza la presenza di Monica Mondardini nel Cda di Atlantia-Benetton e alla vicepresidenza del gruppo Repubblica- Espresso-Stampa-Secolo XIX, buon per lei. Semmai, a protestare contro Di Maio, dovrebbero essere i manager e i direttori della comunicazione delle partecipate, allarmati dalla rinuncia forzata a un’importante leva di marketing.

Ma Mauro che c’entra? É un giornalista, che per vent’anni ha diretto Repubblica, celebre per meritorie battaglie contro i conflitti di interessi (degli altri, tipo B., un po’ meno contro quelli di De Benedetti). Anziché sostituirsi agli uffici marketing, un giornalista che teme ritorsioni dal governo dovrebbe chiedere ai lettori di acquistare più spesso il giornale, per trovare nel pubblico – cioè sul libero mercato – le risorse finanziarie che verrebbero meno. Invece Repubblica, curiosamente, tra i lettori e gl’inserzionisti di Stato, sembra preferire i secondi”.

La linea del Movimento 5 Stelle

Travaglio nel suo editoriale chiede la fine dei finanziamenti pubblici a determinate testate. Ed è la linea che il Movimento 5 Stelle intende seguire. Di Maio ha detto a chiare lettere che intende favorire gli editori puri. Quelli che non hanno interessi economici in altri settori e che possono fare informazione liberamente e con totale indipendenza. E il ministro delle Infrastrutture ha pubblicamente denunciato i collegamenti tra gruppi editoriali, potentati economici e concessionarie di Stato. Citando i casi di De Benedetti-Repubblica-Espresso- Atlantia e Caltagirone-Acea-Mattino-Messaggero. Il dossier è sul tavolo dei 5 Stelle. E sarà oggetto di attacchi di ogni genere. Da alcuni. Mentre chi fa informazione libera attende con fiducia un ripristino vero, reale, concreto, della stampa indipendente. E al servizio dei cittadini.

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