Giro d’Italia 1999, Pantani fatto fuori dai clan. La Procura riapre il caso

Sotto la lente la tappa di Madonna di Campiglio e il controllo anti-doping prima della partenza: “Esito ancora oggi privo di valida spiegazione scientifica”

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NAPOLI (Luca Borghi) – Marco Pantani non doveva vincere il Giro d’Italia del 1999. Ordine della camorra, come avrebbe rivelato anche Renato Vallanzasca, che, “per ottenere lauti profitti illeciti dalle scommesse clandestine” come ipotizza la Procura di Trento che ha riaperto il caso collegando il reato con la morte del campione, avrebbe “manipolato il prelievo di sangue” del Pirata “facendo risultare un tasso di ematocrito superiore a quello consentito”. Sotto la lente, la tappa di Madonna di Campiglio che vedeva il ciclista romagnolo in maglia rosa e sottoposto ad anti-doping prima della partenza assieme ai primi 10 ciclisti della classifica. “Le analisi compiute rilevarono valori irregolari esclusivamente con riferimento a Marco Pantani: venne accertato un tasso di ematocrito pari al 53%, poi ridotto, al secondo controllo, al 52% a fronte di un valore massimo consentito, in base al regolamento della Federazione mondiale, pari al 50%, e venne riscontrata una quantità di piastrine pari a 109mila per microlitro, valore quest’ultimo particolarmente anomalo sia in assoluto, sia in relazione ai valori rilevati al ciclista in occasione degli altri controlli effettuati nel corso del medesimo evento sportivo” si legge nel verbale della Commissione parlamentare antimafia che però ha voluto vederci chiaro. Perché, “resta ancora oggi privo di una valida spiegazione scientifica l’esito, riscontrato solo poche ore dopo l’effettuazione delle analisi che decretarono la sospensione di Pantani dalla competizione, del nuovo controllo cui si sottopose l’atleta presso il laboratorio dell’ospedale di Imola, accreditato Uci, dal quale risultò un livello di ematocrito inferiore al limite consentito del 50% e segnatamente pari, nelle due misurazioni di rito, al 48,1% e al 47,6%”. Insomma, secondo l’ipotesi della pm Patrizia Foiero, i test anti-doping che portarono alla fine della carriera di Pantani furono una sorta di ‘trappola’ costruita dalla camorra per decretare la fine del Pirata. Tesi confermata da Renato Vallanzasca prima del peggioramento delle condizioni di salute e da intercettazioni telefoniche che secondo la Commissione antimafia meritano di essere approfondite. Nell’agenda della pm di Trento ci sono già una decina di audizioni di persone informate sui fatti: dagli ex compagni di squadra di Pantani ai tecnici che sottoposero il ciclista ai test anti-doping. Saranno tutti ascoltati nei prossimi giorni in merito alle “modalità dei prelievi; sulla riconducibilità a Marco Pantani del campione ematico prelevato; sulla correttezza delle operazioni dei sanitari che operarono a Madonna di Campiglio; sulla conseguente genuinità dei risultati”

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La Torre: “Tutto organizzato dall’Alleanza di Secondigliano”

NAPOLI (dc) – “Rena’ hai visto ? A Marco l’hanno fatto fuori… ’o doping! Hai visto che avevo ragione io?”. E’ la mattina del 5 giugno 1999 quando Renato Vallanzasca, secondo quanto dichiarato dallo stesso Bel Renè, viene avvicinato da un non meglio precisato detenuto campano. I due parlano di un Marco escluso per doping. Si tratta di Marco Pantani, escluso dal Giro d’Italia. E’ quanto si apprende dalla relazione della Commissione parlamentare antimafia. L’accento campano conduce le indagini tra Napoli e dintorni. Augusto La Torre, già capo dell’omonimo clan di Mondragone dall’inizio degli anni ‘80, collaboratore di giustizia sin dal 2003, sentito dai carabinieri di Forlì, durante la sua escussione confermò di essere a conoscenza del fatto che, all’epoca, clan camorristici del Napoletano gestivano le scommesse clandestine e avevano architettato l’esclusione dal Giro d’Italia di Marco Pantani. La Torre riferì infatti di essere stato più volte condotto nel carcere di Secondigliano, presso il reparto T1 e T2 (ossia le sezioni dove si trovavano i detenuti sottoposti al 41-bis) e di aver avuto modo di parlare, in tempi diversi, con Francesco Bidognetti (capo del clan dei Casalesi), Angelo Moccia (capo del clan Moccia di Afragola) e Luigi Vollaro (capo del clan di Portici, detto il Califfo). Nessuno dei tre è mai risultato indagato per questa vicenda. Gli stessi gli avevano detto – si legge ancora nella relazione – che l’esclusione di Marco Pantani dal Giro d’Italia era stata voluta dai clan operanti a Napoli; più precisamente La Torre dichiarò: “Conoscendo le amicizie dei predetti, do per scontato che l’Alleanza di Secondigliano, ovvero i Mallardo di Giugliano in Campania possano aver organizzato il tutto. I suddetti tre mi dissero che il banco, se Pantani vinceva, saltava e la camorra avrebbe dovuto pagare diversi miliardi in scommesse clandestine e rischiava la bancarotta, come quando si verificò con Maradona e con il Napoli negli anni ‘80. Gli stessi non mi sembra che furono più precisi nel riferirmi i fatti di Pantani. Non credo che erano direttamente coinvolti nel giro delle scommesse clandestine sul Giro”. La Torre riferì agli inquirenti anche le frasi venutegli a mente e pronunciate in occasione di una conversazione intervenuta con i tre codetenuti, relativa proprio all’esclusione di Marco Pantani dalla competizione ciclistica del 1999: “Ricordo le frasi che erano del tipo: ‘sono rimasto deluso da Pantani perché anche lui è dopato perché anche lui ha preso la bumbazza’, e di rimando, uno dei tre, non ricordo chi con precisione: ‘Ma quale bumbazza e bumbazza, l’hanno fatto fuori perché sennò buttava in mezzo la via quelli che gestivano le scommesse’”. Lo stesso collaboratore di giustizia riferì ancora: “Non sono a conoscenza di come hanno fatto per i dati di Pantani per farlo risultare positivo. Il clan intervenuto ha avvicinato sicuramente chi era addetto ai controlli e li hanno corrotti. Posso immaginare che si sono serviti di persone napoletane, anche non facenti parte direttamente della camorra e che potevano avere dei contatti professionali con i dottori. Escludo nella maniera più assoluta che i medici siano stati minacciati; si tratta unicamente di corruzione”. “Con riferimento all’identità del detenuto autore delle confidenze rivelate da Renato Vallanzasca – recita la relazione -, La Torre concluse che sicuramente Rosario Tolomelli poteva essere a conoscenza delle vicende relative all’esclusione di Pantani in quanto parente dei Tolomelli del Rione Sanità, membri dell’alleanza di Secondigliano, clan che storicamente si occupava di scommesse clandestine”.

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