Gli aiuti al figlio di Angelo Grillo e il cambio assegni per i Belforte

Gli elementi che per il Tribunale legano Siciliano alla cosca dei Mazzacane

MARCIANISE – Quella con i Capaldo sarebbe solo una delle ipotizzate relazioni mafiose avute dall’imprenditore Paolo Siciliano. Prima ancora di entrare in contatto con i nipoti del boss Michele Zagaria, uomo di vertice del clan dei Casalesi, il businessman di Capodrise avrebbe avuto frequenti rapporti con soggetti legati al clan Belforte (conosciuto anche come Mazzacane). E questi aspetti sono stati messi nero su bianco dalla sezione ‘Misure di prevenzione’ del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, che ha disposto la confisca di beni, riconducibili proprio a Siciliano, dal valore di circa 60 milioni di euro.

Tra i punti di contatto tra il businessman e il mondo Belforte c’è, stando a quanto raccolto dai carabinieri del Ros, il suo prodigarsi per aiutare Roberto Grillo, figlio di Angelo, uomo d’affari dei Mazzacane, già condannato all’ergastolo. Siciliano si sarebbe impegnato per trovare a Roberto una sistemazione alloggiativa fuori dalla Campania. Nel 2014 il ragazzo, insieme al padre Angelo, era stato arrestato per turbativa d’asta con l’aggravante mafiosa. E nel 2016 la Corte d’appello di Napoli lo aveva condannato a 2 anni (sentenza divenuta irrevocabile). Roberto Grillo, scarcerato, venne sottoposto al divieto di dimora in Campania, Lazio e Molise. E così Siciliano, ricostruisce il Ros, su richiesta di Laura Barbato, madre di Rosa Baffone, compagna di Grillo, si attivò con una serie di telefonate per trovare una casa al figlio di Angelo. E ci riuscì, dice l’accusa, contattando un suo fornitore di carni (Siciliano gestiva – prima della confisca – una catena di market) che gli procurò una casa nel comune di Lozzo Atestino, in provincia di Padova.

A fornire ai giudici un altro elemento di contatto tra Siciliano e i Mazzacane è Giovanni Buonanno, collaboratore di giustizia. Cosa dice? Che l’imprenditore di Capodrise sarebbe stato a disposizione del clan nel cambio assegni, attività che in particolare avrebbe fatto per i figli dei boss Salvatore e Domenico Belforte.

Siciliano è stato condannato in primo grado per minacce e riciclaggio. Era accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa (clan Zagaria), ma il Tribunale di Napoli ha rispedito gli atti alla Procura invitandola a formulare una contestazione di reato diversa. Non risulta avere condanne, quindi, per legami con le cosche malavitose casertane. Ma questo aspetto non ha frenato il Tribunale a emettere il provvedimento di confisca, ritenendo che parte delle sue ricchezze siano dovute ai rapporti con soggetti vicini alla mafia. Logicamente Siciliano potrà presentare ricorso contro la confisca e provare a far valere le sue ragioni in Corte d’appello.

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