Governo a un passo dalla crisi. Salvini: “Se qualcuno tira il freno andiamo avanti da soli”

Settimana cruciale per le sorti dell'alleanza

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Luigi Di Maio, Matteo Salvini

ROMA – A un passo dalla crisi. Nessun giro di parole, Matteo Salvini questa volta lancia l’ultimatum: “Stiamo al governo solo se abbiamo la garanzia di fare cose importanti per l’Italia e gli italiani. Se qualcuno ha il freno a mano tirato andiamo avanti da soli che non c’è tempo da perdere”. Due giorni lontano dai riflettori “in pace” come aveva cinguettato da Forte dei Marmi. E poi l’affondo contro il M5S: “Chi in Ue sta con Macron e la Merkel in Italia non può stare con la Lega. E se c’è da mollare qualche poltrona la molliamo domattina”. Il messaggio risuona forte e chiaro. E mai come oggi il vertice tra i due vicepremier rischia di essere davvero decisivo per il futuro del governo giallo-verde.

Ancora nulla di fissato, le agende sono libere con il leader leghista che rientrerà a Roma non prima di martedì. Voci di corridoio parlano di un incontro, riservato, durante il quale si metteranno sul tavolo varie proposte (condizioni) che ambo le difenderanno. Sarà il premier Giuseppe Conte l’arbitro di un confronto nel quale si deciderà se aprire la crisi o avviare un rimpastone. Che, lamentano fonti leghiste, “si potrebbe trasformare nella classica toppa che è peggio del buco”.

A palazzo Chigi le temperature, secondo le previsioni, saranno quindi da bollino rosso, già da domani con l’approdo alla Camera del decreto sicurezza Bis, provvedimento bandiera della Lega che il ‘Capitano’ vuole licenziare prima della pausa estiva. Non è infatti escluso che l’esecutivo ponga la questione di fiducia per accelerarne l’iter e spedirlo in un lampo in Senato per l’ok definitivo.

Un terreno scivoloso su cui si sono già viste scintille durante l’esame in commissione e anche l’emiciclo di Montecitorio potrebbe riservare delle sorprese. Quello che potrebbe trasformarsi invece in un boomerang è l’Autonomia. Dopo gli attacchi dei governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, Conte ha risposto inviando una lettera indirizzata ai cittadini lombardi e veneti, pubblicata dal Corriere della Sera, nella quale chiede “rispetto e stop agli insulti”. E difende il suo operato e la validità del metodo adottato per affrontare un tema che rischia di spaccare il paese e non passare indenne al vaglio della Consulta.

Parole che non hanno convinto Luca Zaia e Attilio Fontana che minacciano di non firmare. Il testo del regionalismo differenziato, secondo i piani del capo del Governo, dovrebbe approdare nel Cdm di giovedi. Essere votato e quindi licenziato per passare all’esame del Parlamento. Sarà questa la vera prova di tenuta, quando attorno al tavolo di palazzo Chigi siederanno tutti i ministri, compreso Salvini.

Per il titolare di palazzo Chigi il Cdm rappresenta un vero e proprio giro di boa, durante il quale cercherà di mettere spalle al muro Salvini e lo farà proprio sull’intesa. La riunione del Consiglio dei ministri dovrebbe essere preceduta da una serie di tavoli ristretti per discutere di finanza e soprintendenze già martedì. Ai quali parteciperanno, oltre al premier Conte, anche i tecnici del Mef e i ministri Bonisoli e Stefani.

Lo snodo però resta il Russiagate che vede coinvolto il Carroccio.

L’anticiclone africano potrebbe infatti rendere torrida la temperatura a palazzo Madama mercoledì, quando il premier Conte dai banchi del governo informerà il Parlamento sulle presunte trattative tra esponenti della Lega e funzionari russi, dopo l’incontro al Metropol di Mosca. L’ipotesi che Salvini possa intervenire dagli scranni del Carroccio, prendendo le distanze dal premier e nello stesso tempo rubandogli la scena, potrebbe essere vista come una vera e propria spaccatura nell’esecutivo. Una condizione non ottimale per poi sedersi al tavolo di giovedì per discutere di Autonomia.

Donatella Di Nitto (LaPresse)

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