ROMA – Partendo dalla giustizia, fino all’economia (vedi alla voce Quota 100 e reddito di cittadinanza) e alla revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia. I nodi da sciogliere nella maggioranza non sono pochi, né facili. I partiti che sorreggono il Conte bis devono necessariamente trovare una quadra, altrimenti l’alternativa sarà il caos e l’inevitabile interruzione della legislatura. Lo hanno capito Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, che infatti si sono stretti la mano a Palazzo Chigi in un vertice inatteso nel timing ma improrogabile politicamente.
Tra i due principali soggetti della coalizione l’intesa sembra essere trovata, ma resta sullo sfondo la variabile imprevedibile di Italia viva, con il suo leader Matteo Renzi che ad ogni intervento pubblico sembra avere il potere di accendere una miccia. L’ultima riguarda il braccio di ferro su Aspi, uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle di questa legislatura, dopo il crollo del Ponte Morandi, a Genova, il 14 agosto del 2018.
Il segretario del Pd, pur mostrando dubbi sul provvedimento, non ha chiuso la porta chiedendo però che le motivazioni siano tecniche. Mentre Renzi ha detto no, sic et simpliciter: “Abbiamo già votato contro in Cdm. Voteremo contro in Parlamento”. Non è in discussione “punire chi ha sbagliato sul Morandi o altrove”, quello è “sacrosanto” per l’ex premier. Ma “fare leggi improvvisate che privano il Paese di credibilità internazionale e fanno fuggire gli investitori internazionali invece è un assurdo”. Quindi “se giuridicamente ci sono le condizioni per la revoca lo devono dire i tecnici, non i demagoghi”.
Ma questa non è l’unica stilettata rifilata agli alleati del M5S. “La maggioranza regge tranquillamente, il Cinquestelle non so”, dice. Rincarando la dose: “Non credo che sarà un anno facilissimo per i grillini”, anche se “i segnali di chi sta lasciando il Movimento vanno tutti nella direzione della prosecuzione della legislatura”. Punto, quest’ultimo, su cui converge anche il pensiero di Giuseppe Conte, che si dice sicuro che “le notizie riguardanti alcuni parlamentari non avranno alcuna ripercussione né sulla tenuta né sul cronoprogramma del governo”.
Il fondatore di Iv, però, ha altre mire e quando definisce “l’esodo dalla Piattaforma Rousseau”, specificando che a suo modo di vedere “è appena iniziato”, sa benissimo l’effetto che produrranno ai piani alti del partito di Luigi Di Maio. Proprio al responsabile della Farnesina dedica una stilettata: “Spero però che in queste ore Di Maio trovi il tempo di seguire soprattutto i dossier di politica estera. Se fossi il ministro degli Esteri mi preoccuperei delle vere guerriglie, non di quelle farlocche interne a M5S. E anche se non farlocche, comunque insignificanti davanti ai problemi del Mediterraneo e del ruolo strategico dell’Italia in questa zona”.
Il riferimento è al mini-vertice avuto con Zingaretti sabato scorso, sostenendo comunque che “ogni incontro tra segretari è positivo”. Anzi, sottolinea di aver “ripreso a sentirmi anche con Zingaretti dopo le polemiche post scissione”, sfruttando la pausa dei giorni di festa. Magari avranno parlato anche del caso Gregoretti, sul quale Renzi e i suoi sembrano allinearsi al resto della maggioranza, orientandosi per il sì all’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per sequestro di persona.
Mostrare compattezza sull’operato dell’ex ministro dell’Interno potrebbe essere un buon segnale per la maggioranza, soprattutto ora che alle porte ci sono scadenze elettorali (vedi Emilia Romagna, Calabria, Toscana e Puglia) che la Lega e gli alleati di centrodestra proveranno a sfruttere al massimo per tentare la spallata al governo. (LaPresse)