Governo, incontro al Colle Mattarella-Conte: la bufera non è ancora passata

Foto Francesco Ammendola / Ufficio Stampa in foto Sergio Mattarella con Giuseppe Conte

ROMA – Con una crisi di governo che non può dirsi del tutto sventata, Giuseppe Conte sale al Quirinale per confrontarsi con Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica e il capo dell’esecutivo si sono visti sabato mattina, al Colle, ma sui contenuti del colloquio viene mantenuto il più stretto riserbo. Non è difficile immaginare, però, che al centro ci sia stato il futuro della maggioranza, dopo lo scontro all’arma bianca con Matteo Renzi e la sua Italia viva sul tema della prescrizione.

Una ‘guerriglia’ mediatica che forse ha lasciato ferite molto più profonde di quelle che si vedono pubblicamente. Anche perché le trincee non sono state sciolte e sui social le punzecchiature proseguono, sebbene a intermittenza. Il punto di rottura è sul famigerato ‘Conte ter’, di cui si vocifera nei corridoi dei Palazzi romani. E che vedrebbe il premier a caccia di voti tra gruppo Misto e oppositori ‘responsabili’ per garantire una soglia di tranquillità, qualora Iv decidesse di sfilarsi o dare solo appoggio esterno.

Le ‘voci di dentro’, però, non escludono che questo ruolo possa giocarlo il Pd, magari ingolosendo quanti, nella pattuglia renziana, non fossero più convinti dalle strategie del loro leader. Il pallottoliere dice che basterebbe sfilarne 8 o 10 a Renzi per renderlo inoffensivo. In fin dei conti si tratterebbe di un ‘ritorno alla casa madre’, peraltro con un cuscino comodo come Base riformista ad attutire il colpo. Tra i ‘sospettati’ il primo a smentire è Eugenio Comincini. I riflettori, però, sono puntati anche su chi dal Pd non proviene, come l’ex M5S Silvia Vono.

Intanto, lunedì la maggioranza si riunirà per parlare di riforme, dunque di legge elettorale. Perché una volta che sarà celebrato il referendum sul taglio dei parlamentari, la situazione potrebbe anche precipitare, a quel punto con una velocità tale da travolgere tutto. Meglio mettere in sicurezza le regole del gioco. Si parte dalla base del ‘Germanicum’, ovvero proporzionale puro con soglia di sbarramento al 5%. L’unica incognita riguarda il cosiddetto diritto di tribuna, ma si tratta di un dettaglio, se la volontà politica di tutti è quella di portare a casa il risultato.

Il discorso vale anche per le opposizioni, che intanto avvertono forte l’odore del sangue degli avversari, e aspettano solo che tutto vada a rotoli per tornare alle urne. Motivo per il quale la Lega – che intanto continua a fare record di tesseramenti – non ha mai chiuso la campagna elettorale permanente. Così come il suo leader, Matteo Salvini, ha rispolverato il vecchio nemico Ue: “O l’Europa cambia o non ha più senso di esistere”. Svelando in diretta Facebook di considerare il consiglio di un pescatore di Bagnara Calabra: “Facciamo gli inglesi”.

Il Carroccio, però, ha bisogno del governo per riuscire nel suo progetto politico. Ed è logica conseguenza che, sotto sotto, tutti a via Bellerio facciano il ‘tifo’ per Renzi. L’ex premier, che ha ingaggiato un braccio di ferro durissimo con Conte e il Movimento 5 Stelle, tirandosi dietro pure il Pd, sa di avere poche chance di far cambiare linea sulla giustizia agli alleati, ma se ci riuscisse sventolerebbe la bandiera della vittoria. In caso contrario avrebbe un’arma a sua disposizione per attrarre consensi.

Certo, la scelta del Consiglio dei ministri di varare un disegno di legge e non un decreto sulla riforma del processo penale, con annesso il ‘lodo Conte bis’, consegna più tempo per lo spazio di mediazione in Parlamento, ma qualcuno tra Renzi o l’asse dem-grillini-Leu dovrà necessariamente cedere. In attesa del nuovo round, la prima prova di tenuta della maggioranza è il Milleproroghe, la cui strada è stata spianata dalla retromarcia degli alleati sulla prescrizione, anche se il ‘lodo Annibali’ è stato bocciato nonostante Iv abbia votato con Forza Italia, FdI e appunto la Lega. Almeno su quello, il premier può dormire sonni tranquilli. (LaPresse)

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