L’intesa non c’è né sulle presidenze della Camere né sulla squadra di governo. Dopo una giornata sull’ottovolante segnata da accordi chiusi e poi improvvisamente rimessi in discussione, neanche il faccia a faccia tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi a Villa Grande, riesce a smussare gli spigoli. A poche ore dalla convocazione del Parlamento la situazione resta insoluta con la premier in pectore pronta a tirare dritto e adottare – realmente – il ‘metodo Draghi’. Anche l’incontro con Matteo Salvini prima di pranzo alla Camera si conclude con una fumata nera.
E’ Giancarlo Giorgetti a riassumere lo stallo a fine giornata, mettendo in evidenza, tra le righe, un accordo che ancora non c’è. “C’è ancora stasera, c’è ancora tempo ma non troppo”, sentenzia riferendosi al vertice di centrodestra con i tre leader che si sarebbe dovuto svolgere per mettere il sigillo all’intesa. Salvini – dopo aver riunito il federale della Lega – lascia la Camera, laconico comunica: “Sto andando dalla fidanzata”.
L’ipotesi è che i tre leader di vedano o si sentano domani mattina, con la speranza che gli sherpa riescano a trovare la quadra o quantomeno che la notte porti consiglio a chi continua a essere arroccato sulle sue posizioni. A Villa Grande, infatti, non si scioglie il nodo Ronzulli. Il Cav continua a rivendicare per la fedelissima un dicastero di peso, rinnovando anche – per “pari dignità” con la Lega – l’assegnazione di diritto del Mise.
Meloni non molla, quella casella sarà destinata a Fratelli d’Italia, con Guido Crosetto pronto a guidare il ministero di via Veneto. Per Berlusconi è irricevibile anche la proposta relativa al Turismo, piuttosto l’Infrastruttura o ancora la Sanità per l’ex europarlamentare. E nella rosa stilata nell’ex dimora di Zeffirelli figura ancora Antonio Tajani (Esteri), Anna Maria Bernini (Università), Elisabetta Alberti Casellati (Giustizia) e anche un posto da trovare a Alessandro Cattaneo e Francesco Paolo Sisto.
Meloni ascolta ma è un muro di gomma e rimarca tutte le sue perplessità facendo intendere che non è disponibile a scendere a compromessi al ribasso. Anche il segretario leghista non arretra di un millimetro rivendicando caselle fondamentali come Economia, Sicurezza, Opere pubbliche e Autonomia “sappiamo come farlo e con chi farlo”, assicurano dal partito. E per Salvini “sarà un onore”.
Nessuna rinuncia dunque né al Viminale né alla presidenza del Senato, con due nomi autorevoli come appunto Salvini e Roberto Calderoli. Una sfida che dal Carroccio cercano di smussare: “Da parte della Lega nessun veto e nessuna impuntatura: è confermata la determinazione per trovare un accordo complessivo e all’altezza delle sfide che attendono l’Italia”.
La presidente di Fdi dopo la girandola di incontri si chiude nel suo ufficio, dove le luci restano accese fino a tarda sera. “E’ ottimista”, filtra da fonti interne, “e aspetta la votazione in Senato di domani”. Il nome che sarà proposto è Ignazio La Russa, prendere o lasciare il messaggio in bottiglia. E’ Meloni a condurre il gioco e dall’esito di quella votazione dipenderà tutto il resto.(LaPresse)