ROMA – Stamattina è partita da Odessa la prima nave carica di grano ucraino, a seguito dell’accordo firmato nei giorni scorsi in Turchia. “E’ un’ottima notizia – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – perché solo con la ripresa a pieno regime delle esportazioni dal porto di Odessa il rischio di una crisi alimentare globale potrà essere scongiurato”. Circa 20 milioni di tonnellate di grano, per un valore che sfiora i 10 miliardi di euro, potranno essere collocate sui mercati internazionali. Secondo i dati della Commissione europea, le esportazioni agroalimentari dell’Ucraina sono ammontate lo scorso anno a 23,6 miliardi di euro e circa il 90% delle operazioni è stato effettuato via mare.
“Le partenze dal porto di Odessa hanno inciso per il 60% sul totale” – evidenzia Giansanti. Sempre secondo i dati della Commissione UE, oltre l’80% delle esportazioni agroalimentari dell’Ucraina è costituito da cereali e semi oleosi. Per quanto riguarda l’Unione europea, le importazioni di cereali ucraini rappresentano il 36% di tutto l’import del settore. La Commissione ha reso noto nei giorni scorsi che, per quanto riguarda in particolare il mais, il prodotto ucraino rimasto bloccato nei porti a causa della guerra, è stato sostituito dal mais raccolto in Brasile, Canada e Stati Uniti. “Si tratta di Paesi – sottolinea il presidente di Confagricoltura – dove prevale un atteggiamento positivo nei confronti delle innovazioni tecnologiche a supporto della produzione e dell’efficienza delle imprese. A livello europeo, invece, nella migliore delle ipotesi dovremo attendere fino al 2025 per ottenere l’inquadramento normativo delle nuove tecniche genomiche che consentono di salvaguardare le produzioni con una minore pressione sulle risorse naturali, a partire dall’acqua”.
“A seguito della guerra in Ucraina, lo scorso anno la Commissione europea ha consentito di derogare alle norme in vigore per aumentare la produzione di cereali, semi oleosi e colture proteiche. Le deroghe sono state prorogate anche quest’anno, anche a fronte di una siccità che ha tagliato le rese dei cereali con punte fino al 35% in Italia. A questo punto, dovrebbe essere evidente a tutti che gli agricoltori e i consumatori non hanno bisogno di deroghe ripetute e temporanee, bensì di un complessivo ripensamento della politica agricola comune, nell’ottica della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale supportata dalla ricerca e dalle innovazioni”.
(LaPresse)