ROMA – Ankara torna a giocare un ruolo da protagonista nel conflitto in Ucraina. L’incontro in Turchia fra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e l’omologo Mevlut Cavusoglu è un primo passo per cercare di sbloccare lo stallo, almeno per quanto riguarda la questione del grano. L’obiettivo “ragionevole e fattibile” è quello di rendere operativo il piano Onu per stabilire un corridoio per il trasporto del prezioso cereale bloccato nei porti ucraini.
La Russia si dice “pronta” a garantire la sicurezza delle navi “in cooperazione con i colleghi turchi” ma soltanto “se e quando” l’Ucraina “si occuperà dello sminamento” dei porti. In cambio Mosca promette di “non approfittare di questa situazione” per portare avanti la sua “operazione militare speciale”. Inoltre il Cremlino continua a mettere come condizione la revoca delle sanzioni all’export.
Una richiesta che la Turchia considera “legittima”. Kiev però non si fida e definisce “vuote” le parole di Lavrov. “Sono necessari equipaggiamenti militari per proteggere la costa e una missione della marina per pattugliare le rotte di esportazione nel Mar Nero”, spiegano gli ucraini avvertendo Mosca di non pensare di “utilizzare” i corridoi del grano per “attaccare l’Ucraina meridionale”. Una sorta di dichiarazione di intenti ma “nessun accordo concreto” fra Ankara e Mosca precisa l’ambasciatore ucraino in Turchia Vasyl Bodnar.
Un appello accorato arrivato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. “L’impatto della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare, l’energia e la finanza è sistemico, grave e sta accelerando – dice – dobbiamo agire ora per salvare vite e mezzi di sussistenza nei prossimi mesi e anni”. Un approccio condiviso pienamente dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio secondo cui “bloccare le esportazioni del grano significa tenere in ostaggio e condannare a morte milioni di bambini, donne e uomini lontano dal fronte del conflitto”.
Se in merito al grano si prova a fare qualche passo avanti, sul fronte di un possibile incontro al vertice per un cessate il fuoco le distanze restano siderali, nonostante la Turchia parli di una “possibile” ripresa dei negoziati. Per il Cremlino “non c’è bisogno” di parlare della possibilità di un summit fra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. “La palla è nelle mani dell’Ucraina da quasi due mesi”, precisa Lavrov criticando Kiev per aver “cambiato il proprio approccio dopo quanto delineato nei colloqui di Istanbul”. Pronta la risposta del ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba. “La Russia rimane concentrata sulla guerra e non sulla diplomazia” argomenta ribadendo come il percorso verso il tavolo dei negoziati passi attraverso le “sconfitte sul campo di battaglia” di Mosca.
Sul campo infine il fronte principale resta quello di Severodonetsk, dove sarebbe stato colpito anche un ospedale, ben segnalato da una grande croce rossa disegnata sul tetto. In città nelle ultime ore i russi sembrano poter avere la meglio. A confermarlo è lo stesso governatore ucraino della regione di Luhansk che parla di possibilità di una “ritirata” di tipo strategico perché “non ha senso” che le forze speciali rimangano all’interno della città “dopo che la Russia ha iniziato a radere al suolo l’area con bombardamenti e attacchi aerei”. Al momento i militari di Kiev controllano ancora la periferia e giurano che “nessuno si arrenderà”.(LaPresse)