CASERTA – “Se viene introdotto un obbligo generale allora si ‘costringeranno’ le persone ad essere responsabili, a venire al lavoro vaccinati o con una certezza di un tampone negativo, impedendo al virus di continuare a diffondersi e fare nuove vittima”: l’introduzione dell’obbligo di mostrare il Green Pass sul luogo di lavoro, mentre i gruppi più intransigenti protestano violentemente, non sembra destare particolari preoccupazioni tra i datori di lavoro e le associazioni di categoria.
Non stupisce considerando che, in un modo o nell’altro,i luoghi di lavoro sono stati additati fin dall’inizio come principali luoghi di diffusione del virus. Dalle fabbriche agli esercizi di ristorazione, dallo spettacolo alle aziende sportive: non c’è stata una categoria ad essere uscita completamente immune dalla pandemia di restrizioni che, insieme al virus, si sono abbattute sul mondo del lavoro. “Il datore di lavoro dovrebbe venire a sostituirsi al controllo ufficiale – sono infatti le parole di Salvatore Petrella (nella foto a sinistra), presidente Confesercenti Caserta – Si tratta di una misura che però è necessaria per uscire dalla pandemia. Purtroppo non ci sono alternative. La misura entrerà in vigore dal 15 ottobre. Il datore di lavoro dovrà effettuare il controllo del Green Pass o in alternativa dell’esito del tampone negativo, che andrà effettuato ogni 72 ore. Nell’alternativa alla vaccinazione c’è la possibilità infatti di effettuare i test, per chi non può vaccinarsi a causa di problemi di salute, a distanza di 3 giorni. Diversa dalla possibilità di non potersi vaccinare è però la scelta di non volersi immunizzare. C’era ad esempio la questione riguardo alla spesa per effettuare i tamponi, su chi dovesse pagarli, se il datore di lavoro o lo Stato. In entrambi i casi non sarebbe stato giusto a fronte di soggetti che, nonostante il vaccino sia gratuito e senza alcun problema di salute, rifiutano il farmaco”. Non sono soltanto le associazioni di categoria ad essere d’accordo all’introduzione dell’obbligo sui luoghi di lavoro. Anche i singoli imprenditori si dimostrano favorevoli alla certificazione. Le motivazioni sono di diverso tipo e non tutte riguardano l’effetto che le misure restrittive avrebbero sulla diffusione del virus né sulla prevenzione della malattia.
“In questo modo si crea una condizione di responsabilizzazione nelle imprese – sono le parole di Salvatore Rivetti (nella foto al centro) – Fino a che non era obbligatorio noi esercenti ci trovavamo in difficoltà nel momento in cui avremmo dovuto chiedere il Green Pass ai nostri dipendenti. In questo modo invece vengono prese le necessarie misure affinché nessuno possa eludere al controllo. Soltanto chi presenta i tamponi negativi, che comunque restano a carico di chi li deve eseguire, ne viene esonerato. La sospensione dal lavoro e dallo stipendio nel caso in cui non ci si trovi in regola fa si che anche gli ultimi dubbiosi provvedano in fretta ad eseguire la vaccinazione. Ed è questo l’unico modo con cui possiamo aiutare il piano vaccinale”. Tra gli altri motivi alcuni intuiscono una potenziale spinta per il commercio e l’economia. “In questo modo si aumenterà la fiducia delle persone – sono infatti le parole di Fabrizio Orsini (nella foto a destra) – Ci sono stati mesi, soprattutto all’inizio, dove sono saltati decine di contratto anche solo soltanto per il timore di incontrare i rappresentanti delle aziende. Abbiamo dovuto interrompere numerosi lavori perché i committenti hanno iniziato a diventare diffidenti al minimo segno di uno starnuto o di un colpo di tosse da parte dei nostri operai. E considerando che come impresa edile ci ritroviamo spesso a dover operare al chiuso questo rappresenta una garanzia, per i nostri clienti, che l’intero team messo a disposizione risulta immunizzato o comunque negativo al Covid-19”. Il Green Pass diventa in questo modo qualcosa di diverso dalle intenzioni originarie del governo centrale. Rappresenta per molti l’ultima dose di fiducia contro una malattia che, pur se retrocede, non sembra sul punto di sparire. Un modo per dire, ancora una volta, che “andrà tutto bene”.