Guerra in Ucraina, il piano della Nato: “Un esercito permanente ai confini”

ROMA – “Un esercito permanente ai confini per contrastare una futura aggressione della Russia”. Lo ha spiegato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, secondo cui “quella che abbiamo di fronte ora è una nuova realtà, una nuova normalità per la sicurezza europea”.

La Nato “si trova in mezzo a una trasformazione fondamentale che riflette le conseguenze a lungo termine delle azioni del presidente russo Vladimir Putin”.

L’appello di Zelensky

Secondo il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky “l’intera Europa è un obiettivo per la Russia”. E, nel suo appello all’Occidente di intervento per la riacquisizione della pace, ha sottolineato che “l’aggressione russa non doveva essere limitata alla sola Ucraina, alla distruzione della nostra libertà e delle nostre vite”.

Le sanzioni

Intanto l’Ucraina guarda ad ulteriori restrizioni economiche nei confronti dei nemici come un embargo sull’importazione di merci, così come dichiarato da Yilia Svyridenko: “Il divieto sulle importazioni russe – ha detto la ministra dell’Economia ucraina – bloccherà i guadagni annuali in valuta estera di Mosca per almeno 6 miliardi di dollari. Ciò significa che il nemico non riceverà questi fondi e non potrà utilizzarli per finanziare la guerra”.

E in queste ore in Ucraina sono giunti dall’Inghilterra, a poche ore dalla visita del primo ministro britannico, Boris Johnson a Zelensky, 120 veicoli blindati e missili anti-nave per contrastare “la barbarica campagna russa”. Così come sta per fare il Canada con la fornitura di 500 milioni di dollari americani “per le spese della difesa e un miliardo di dollari canadesi in assistenza finanziaria”.

Le ultime

Secondo le ultime notizie diramate dal ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento dell’intelligence i russi “continuano a usare ordigni esplosivi improvvisati (Ied) per causare vittime, abbassare il morale e limitare la libertà di movimento degli ucraini”, come “l’uso da parte di Mosca di acido nitrico a Rubizhne, nella regione di Lugansk (est). I soldati russi, inoltre – si legge – continuano ad attaccare obiettivi infrastrutturali con un rischio elevato di infliggere danni collaterali ai civili”. Utilizzati inoltre anche gli ostaggi “come scudi umani e la pratica di minare le infrastrutture civili”.

Intanto nella città di Bucha diventata tristemente famosa in queste settimane per l’eccidio di civili da parte delle truppe russe sarebbero “360 le vittime in totale, compresi almeno 10 bambini” mentre Makariv, 133 civili sarebbero stati torturati e uccisi.

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