NAPOLI – I clan di Napoli e della provincia non si fermano e cercano di ‘fare affari’ ben oltre i confini provinciali e regionali. E’ quanto evidenziato dalla Direzione Investigativa Antimafia. Tra le mete preferite dai principali clan camorristici c’è certamente l’Emilia Romagna. Una regione ricca sia per quel che riguarda il commercio legato al turismo sia per quanto concerne attività industriali e appalti.
L’Emilia Romagna, soprattutto in passato, è stata una delle ‘mete’ imprenditoriali del clan dei Casalesi. Ma da qualche tempo anche le cosche napoletane hanno deciso di spingersi oltre la Campania e anche il Basso Lazio o Roma.
A testimoniarlo, come evidenziato dalla Dia nella relazione presentata l’altro giorno al Parlamento, sono state le attività delle forze dell’ordine e, in particolare, della guardia di finanza. Sono stati, infatti, emessi ed eseguiti alcuni provvedimenti ablativi nei confronti di imprenditori – locali e non solo – che, a seguito degli accertamenti del caso, sono risultati riconducibili ad alcuni dei principali clan dell’area a nord di Napoli, vale a dire i Moccia di Afragola e i Mallardo di Giugliano.
In precedenza sono stati coinvolti in indagini, che hanno portato anche a procedimenti giudiziari, esponenti ritenuti appartenenti a un gruppo criminale che aveva come riferimento il clan Contini del Vasto e che aveva replicato, soprattutto in Romagna, le modalità intimidatorie proprie della camorra. Questo al fine di mettere in piedi un’attività estorsiva nei confronti dei locali della movida presenti sulla Riviera Romagnola. Tra i destinatari di un provvedimento e successivamente imputato nel processo anche il ras Ciro Contini, nipote del boss Edoardo Contini ’o romano. Secondo la ricostruzione della locale Dda il ras Contini si era trasferito in Romagna insieme a un suo gruppo di fedelissimi e si era sostituito, nell’imposizione del racket, a un altro sodalizio, lo storico clan Vallefuoco.
Estorsioni ai locali della movida e ai negozi più ‘in’, ma anche a una persona ritenuta legata allo storico clan Nuvoletta di Marano e da anni presente sul territorio riminese. Inoltre, per affermare la propria supremazia e stabilire le nuove gerarchie criminali sul territorio il gruppo legato ai Contini avrebbe esercitato una spregiudicata pressione sul territorio anche attraverso azioni di forza e l’ostentazione di un’ampia disponibilità di armi. Ciò a conferma che la violenza resta un’opzione sempre attivabile soprattutto per consolidare a livello locale l’architettura e la forza di intimidazione del sodalizio criminale in modo da garantire la consapevolezza sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione mafiosa dell’esistenza e dell’operatività del gruppo criminale quale entità autonoma.
Un’altra importante indagine della guardia di finanza ha documentato come un’organizzazione di matrice camorristica, con al vertice personaggi legati allo storico clan Sarno di Ponticelli, ormai disarticolato a Napoli, e ai Casalesi si fosse radicata nella città di Cattolica e fosse riuscita a inserirsi nel tessuto economico riminese assumendo il controllo di società operanti nell’edilizia, nella ristorazione e nell’impiantistica industriale, intestando fittiziamente beni e riciclando denaro provento di attività illecite.
In Emilia Romagna attive anche imprenditori riconducibili al clan Di Lauro di Secondigliano. Un indagato, in un’intercettazione, confessa: “Sto Coronavirus è stato proprio un buon affare”. La frase è stata intercettata nel corso dell’indagine denominata “Dirty cleaning” e sintetizza il compiacimento per i redditizi risultati raggiunti da un imprenditore, gestore occulto di un’azienda operante tra Rimini e Pesaro nel settore delle sanificazioni.