CASAL DI PRINCIPE – Era stato arrestato il 22 novembre 2022: trascorse alcune settimane, nessuno si era fatto sentire. Giovanni Della Corte, alias Cucchione, uomo di vertice della cosca Schiavone, era stato portato in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Passano i giorni e i suoi familiari si sentono abbandonati dal clan. Gli affiliati che non erano stati coinvolti nell’inchiesta non si erano preoccupati di dare loro alcun tipo di sostegno. Un segnale evidente della debolezza che in quel momento viveva la compagine dei Casalesi (e anche del buon lavoro fatto dagli inquirenti, che avevano assestato all’organizzazione malavitosa numerosi e ripetuti colpi fino a mandarla in tilt).
Per far fronte alle esigenze economiche, la famiglia di Cucchione, che, secondo la Dda, fino al suo arresto coordinava ciò che restava del gruppo Schiavone, inviò due suoi emissari, tale Ciccio e Michele, a casa di Davide Grasso, 52enne di S. Maria La Fossa, già condannato per mafia.
Era il 30 dicembre 2022. “Sono Ciccio, il cugino di Giovanni (Della Corte, ndr)”: è così che si presenta l’uomo arrivato da Casale. Grasso gli chiede come stesse proprio Giovanni e Ciccio svela il vero motivo della sua visita: “Ho detto, l’ultima spiaggia è di andare a trovare a ‘compa Davide’, le signore stanno un po’ in difficoltà, vediamo un po’, non possono comprare neanche il pesce, la mamma e la moglie di Giovanni. Solo Davide, questo sta come…”. “Se no – interviene Michele – faccio le tarantelle per dentro Casale, non esiste…”. “Ho detto – riprende a parlare Ciccio – solo Davide ci può far comprare un po’ di pesce. Lo vogliamo andare a trovare, ho detto vieni insieme a me…”.
Grasso mostra disponibilità ad aiutarli: “Senti a me. Devo fare un po’ di conti. Devo cambiare qualche assegno. Se faccio a tempo, vi chiamo… […] Ma tu ti sei incontrato con Pasquale Bellomm (al secolo Pasquale Apicella, altro storico esponente del clan dei Casalesi)”. E a questa domanda risponde Michele: “Sì tramite altre cose, per certe tarantelle, non per queste cose qua, da Pasquale non ci sono andato proprio”.
Il colloquio prosegue, prima di arrivare ai saluti, sulle problematiche economiche che stava vivendo l’organizzazione mafiosa. “Non si sta facendo niente, non si può fare niente”, sbotta Grasso. “Stiamo con le ‘scolle’ in fronte”.
Questo spaccato è contenuto nell’inchiesta che a ottobre ha portato in carcere, con l’accusa di mafia, 9 persone e tra loro ci sono proprio Davide Grasso, Antonio Mezzero, boss di Brezza, che era tornato in libertà a luglio 2022 dopo aver trascorso oltre 24 anni consecutivi in cella, e i suoi nipoti Alessandro e Michele Mezzero.
Complessivamente l’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, tesa a tracciare e a scardinare questa presunta ragnatela dei Casalesi coordinata da Mezzero con Grasso come braccio destro, ha fatto scattare 14 misure cautelari, coinvolgendo altri 10 inquisiti a piede libero (tutti da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile). Nel collegio difensivo gli avvocati Alberto Martucci, Raffaele Russo, Paolo Di Furia, Angelo Raucci, Mauro Iodice, Pasquale Diana, Paolo Caterino, Paolo Raimondo, Carlo De Stavola e Camillo Irace. Il fatto che i Della Corte abbiano deciso di ricorrere a Grasso per provare a ottenere denaro dimostra, come detto, una situazione di caos e poca organizzazione del clan, ma anche una presunta crescita criminale del fossataro nella compagine mafiosa.
Casa occupata, Adinolfi chiese aiuto a Grasso. L’esponente del clan: “Dobbiamo…
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