CASAL DI PRINCIPE – Il ritorno nell’Agro aversano di un esponente di spicco del clan dei Casalesi, il business delle slot illegali, le piattaforme online per le scommesse non autorizzate su eventi sportivi e, sullo sfondo, una rete di bar compiacenti pronti ad ospitare questi affari e un giro di prestanome: sono i temi dell’indagine, condotta dalla guardia di finanza di Napoli, che lo scorso luglio ha portato all’esecuzione di nove misure cautelari. E ora, per chi era stato destinatario di quei provvedimenti restrittivi emessi dal Tribunale di
Napoli e per altri tre soggetti, la Direzione distrettuale antimafia partenopea ha chiesto il rinvio a giudizio. A rischiare il processo sono Raffaele “Lello” Letizia, 56enne, già condannato per aver fatto parte della cosca Russo, costola del gruppo Schiavone; Marco Alfiero, detto “Marchetiello”, 40enne di Castel Volturno, e Vittorio Alfiero, 43enne di Villa Literno; Pasquale Di Bona, 55enne di San Cipriano d’Aversa; Pierpaolo Improta, 59enne di Marcianise; Marco Losapio, 36enne di Casal di Principe; Bruno Salzillo, 60enne di Casal di Principe; Antonio Vaccaro, 61enne, e Vincenzo Vaccaro, 56enne, entrambi di Casoria; Giovanni Argine, 28enne; Giovanni Diana, 34enne; e Raffaele Cantiello, 37enne, tutti di Casal di Principe.
Secondo i pm dell’Antimafia, Simona Belluccio e Fabrizio Vanorio, a guidare l’associazione criminale specializzata nella gestione di videopoker e slot illegali oltre che di un giro di scommesse clandestine su piattaforme telematiche, sarebbe stato Letizia. Quest’ultimo, dopo aver trascorso ad Anzio un periodo di sorveglianza speciale determinata dalla precedente condanna per mafia, una volta tornato a Casal di Principe avrebbe riallacciato rapporti con soggetti orbitanti intorno al gruppo Russo e disteso i propri tentacoli sul business del “gioco”. In questa ipotizzata associazione, riferisce l’accusa, avrebbero avuto un ruolo anche Marco Alfiero e Di Bona, con funzioni organizzative; Vittorio Alfiero come partecipe della branca dedicata alle piattaforme telematiche; Losapio e Salzillo nel settore delle installazioni delle macchinette “fuori legge” nei bar e nei locali di intrattenimento; e i Vaccaro con compiti di fornitura e distribuzione degli apparecchi.
Un’associazione che si sarebbe mossa con finalità mafiosa, sostiene la Dda, per accrescere la capacità di accumulazione patrimoniale del clan e il suo controllo sul territorio. Agli imputati ritenuti intranei alla compagine viene contestato pure il reato di esercizio abusivo e organizzazione di scommesse illegali in concorso con Improta. L’indagine delle fiamme gialle ha inoltre svelato una presunta rete di prestanome che ha portato all’accusa di trasferimento fraudolento di beni, con l’aggravante mafiosa, nei confronti di Giovanni Argine: quest’ultimo avrebbe ricevuto fittiziamente da Di Bona e Losapio la titolarità del bar “Diamante”.
Come Argine, anche Diana, secondo l’Antimafia, avrebbe ottenuto fittiziamente la titolarità di due bar: la “Caffetteria 3” e il bar “Milano”. Stesso schema per Cantiello, al quale sarebbe stato intestato il bar “Le Perle”. L’udienza preliminare che dovrà stabilire se dare o meno il via al processo per gli imputati (da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) si terrà a inizio dicembre. A presiederla sarà il giudice Gabriella Logozzo del Tribunale di Napoli. Nel collegio difensivo degli imputati figurano i legali Mari Griffo, Carlo De Stavola, Marco Muscariello, Pasquale Diana, Ferdinando Letizia, Domenico Della Gatta, Giuseppe Caiati, Giuseppe Annunziata, Enrico Iascone Maglieri, Alessandra Carofano e Michele Riggi.


















