I pizzini, i telefoni requisiti, la gita in barca pagata dopo aver scoperto l’inchiesta: i dettagli dell’indagine che accusa il consigliere regionale Giovanni Zannini di corruzione, concussione e truffa

I carabinieri hanno perquisito abitazioni e uffici del consigliere regionale Zannini, del suo compare Campoli e di altri 5 persone

Giovanni Zannini, Paolo Griffo, Alfredo Campoli e Antonio Postiglione

CASERTA – Documenti, denaro contante, computer e telefonini: era questo che ieri mattina cercavano i carabinieri del Gruppo di Aversa. Serviva materiale per puntellare la tesi della loro inchiesta, che rischia di sconvolgere (ma in sostanza lo ha già fatto) non solo la politica casertana, ma anche quella regionale. E lo hanno provato a reperire con le perquisizioni disposte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Pierpaolo Bruni. I militari dell’Arma, sotto la supervisione del comandante provinciale Manuel Scarso, hanno fatto visita alle abitazioni e agli uffici (anche quelli della sede del Consiglio della Regione Campania) riconducibili alle sette persone coinvolte in questa indagine.

Chi sono? Il consigliere Giovanni Zannini, 50enne di Mondragone, braccio destra (su Caserta) del governatore Vincenzo De Luca (estraneo all’inchiesta); Antonio Postiglione, 68enne di Ischia, guida della Direzione generale ‘Tutela della salute e coordinamento della Ssr della Campania’; Paolo Griffo, 34enne di Castel Volturno, e il padre Luigi, 63enne originario di Trentola Ducenta; Ciro Ferlotti, 40enne, Giuseppe Ruggiero, 36enne, entrambi di Napoli; e Alfredo Campoli, 58enne mondragonese, imprenditore e amico di Zannini. Presso l’abitazione di Campoli i carabinieri hanno trovato diverse migliaia di euro in contanti.

Alfredo Campoli

Sono sostanzialmente tre i temi principali dell’inchiesta coordinata dai pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano. Il primo riguarda le presunte pressioni che Zannini avrebbe esercitato su Vincenzo Iodice, sammaritano, per fargli lasciare la carica di direttore sanitario dell’Asl di Caserta, perché ormai diventato un ostacolo alla sua politica.

Per tale vicenda il mondragonese risponde di concussione in concorso con Postiglione. Il secondo tema riguarda il prodigarsi sempre di Zannini per aiutare Luigi e Paolo Griffo ad aprire un mega stabilimento per la produzione di mozzarella a Cancello Arnone, ricevendo in cambio il pagamento di una mini vacanza fatta sullo yacht Camilla per il valore di 7.320 euro.

Secondo gli investigatori, Zannini, venuto a conoscenza dell’indagine, che poi ieri ha fatto scattare le perquisizioni, avrebbe provveduto successivamente a pagare lui l’importo del noleggio dell’imbarcazione di lusso. In relazione a questa presunta condotta, il mondragonese è accusato di corruzione, falso e truffa aggravata in concorso con i Griffo.

Il terzo capitolo dell’inchiesta l’impegno di Zannini per far ottenere alla società del suo amico e compare di nozze, Alfredo Campoli, alcuni servizi di pulizia a Teano. La ditta in questione è la Columbus Edil Gest, società che fa capo alla Campoli Group srl.

Come corrispettivo di questo suo spendersi presso l’amministrazione sidicina, Zannini avrebbe ricevuto da Campoli, marito dell’assessore comunale Rosaria Tramonti (estranea all’inchiesta), due motocicli, del valore complessivo di oltre 7mila euro, in occasione del Natale del 2023. Connesso a tali presunte condotte illecite, la Procura accusa Zannini e Campoli di corruzione.

Nell’elenco degli inquisiti figurano pure i napoletani Ferlotti e Ruggiero: ai due è contestato il reato di false fatturazioni, ipotesi che viene ascritta anche a Campoli.

Enzo Iodice costretto a dimettersi: era un ostacolo agli affari del politico

Incidere con forza nel mondo delle Asl, conquistarsi la capacità di farsi sentire (ed essere accontentato) dai dirigenti che le guidano, diventare talmente influente da vedere trasformata in realtà ogni propria istanza. Chi ci riesce ha in mano una leva in grado di far schizzare verso l’alto il proprio consenso elettorale. E di questa potenzialità Giovanni Zannini, consigliere regionale, secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, era perfettamente consapevole. Ed è per tale motivo che si sarebbe impegnato per provare ad avere al vertice dell’Asl di Caserta personaggi a lui vicini, che gli avrebbero detto, se non sempre, spesso, sì.

Enzo Iodice, invece, a quanto pare, rappresentava un ostacolo a questo suo progetto. Per liberarsene, ipotizzano i pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano, il mondragonese si è attivato per farlo dimettere dall’importante carica di direttore sanitario dell’Asl di Caserta. E ci sarebbe riuscito nel settembre dell’anno scorso, quando il sammaritano lasciò la poltrona, trovando il supporto di Antonio Postiglione. Per quale ragione Zannini voleva far sloggiare Iodice dal vertice dell’Asl di Terra di Lavoro? Perché avrebbe assunto una serie di comportamenti a lui invisi. Atteggiamenti che avevano portato il mondragonese “ad avercela a morte con lui” (con Iodice, ndr).

Le nomine

Enzo Iodice
Enzo Iodice

Il consigliere regionale, hanno ricostruito i pm, aveva proposto a Iodice di collocare Carmine Lauriello (non indagato) persona di sua fiducia e già responsabile del coordinamento ‘Cure domiciliari dell’Asl’, presso la Direzione sanitaria dell’Asl di Caserta affinché, ipotizza l’accusa, seguisse e veicolasse le segnalazioni e le istanze dei dipendenti dell’Azienda di cui Zannini si faceva portavoce nei confronti sia di Iodice che del direttore generale Amedeo Blasotti. Richiesta che il direttore sanitario non accolse. E non diede seguito neppure a un’altra istanza del mondragonese, datata giugno 2023, che lo invitava a intercedere con Blasotti affinché nominasse Luana Sergi (non indagata)come responsabile dell’area di Neuropsichiatria infantile dell’Asl di Caserta.

I pizzini

Il mese successivo, Iodice manifestò al politico l’intenzione di interrompere la sua pratica di veicolare le istanze dei dipendenti presso i vertici dell’Azienda, dipendenti che il consigliere regionale accompagnava personalmente presso gli uffici oppure costringeva Iodice, dice la Procura, a incontrarli fuori dal palazzo, requisendogli, in questi incontri, anche il telefono cellulare, temendo di essere intercettato. E per scongiurare di essere ‘ascoltato’ da orecchie indiscrete, Zannini comunicava pure con pizzini che consegnava proprio a Iodice. Quest’ultimo, per frenare le ingerenze del mondragonese, arrivò anche a preparare una bozza di lettera da inviare ai dipendenti dell’Asl, nella quale li invitava a non confrontarsi con gli esponenti politici locali, missiva che però Iodice alla fine non inviò. Ma Zannini venne ugualmente a conoscenza di questo intento e se ne risentì notevolmente, ritenendolo uno “sgarbo istituzionale”.

La microspia

L’episodio che probabilmente ha decretato il punto di non ritorno nei rapporti tra il consigliere regionale e Iodice è stata la vicenda ‘microspia’. Iodice ne trovò una nel suo ufficio, attribuendo la responsabilità all’indagine in corso, che quel dispositivo dimostrava, proprio a Zannini. Dopo questo episodio, Iodice iniziò a negarsi agli incontri richiesti dal politico.

L’aut aut

A tutti questi no e opposizioni, il consigliere regionale avrebbe reagito, come detto, costringendo Iodice a dimettersi. Il 18 settembre 2023 Pistoglione, su mandato di Zannini, fece un’offerta al sammaritano: accettare l’incarico di direttore sanitario dell’ospedale San Pio di Benevento o dimettersi. Un chiaro aut aut avanzatogli all’insaputa di Blasotti, l’unico legittimato, eventualmente, a silurare il direttore sanitario. Il giorno successivo, Iodice decise di dimettersi. In questo modo, afferma la Procura, Zannini avrebbe tratto indebitamente delle utilità. Quali? Non avere Iodice al vertice dell’Asl significava rimuovere un soggetto che rappresentava un ostacolo alle sue segnalazioni, raccomandazioni e nomine, insomma, toglieva un tappo ai suoi ‘affari’. E liberandosi del sammaritano avrebbe pure potuto tentare il colpaccio mettendo Marco De Fazio (non indagato) , persona a lui gradita, come nuovo direttore sanitario, nomina che però non si verificò per la ferma opposizione di Blasotti.

Aiuti ai Griffo in cambio della vacanza in yacht

È il mega impianto di produzione di mozzarella che sorge a Cancello Arnone, a pochi passi dalla strada provinciale 333, a rappresentare il punto di contatto tra Giovanni Zannini e gli imprenditori Luigi e Paolo Griffo, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e socio della Spinosa Spa, attiva nel settore caseario.

La Spinosa aveva richiesto un finanziamento di 10.455.000 euro a Invitalia per la costruzione dell’impianto, ma la Regione Campania aveva sollevato obiezioni sulla compatibilità ambientale del progetto, richiedendo una Valutazione di incidenza ambientale (Vinca).

Secondo l’accusa, Zannini avrebbe accettato la promessa di un weekend in barca a Capri, offerto dai Griffo, in cambio del suo intervento per aiutarli a non perdere il finanziamento, aggirando la normativa ambientale.

Il consigliere regionale, dice la Procura, ha esercitato pressione sulla Regione affinché delegasse la Vinca al Comune di Cancello ed Arnone, amministrato da Raffaele Ambrosca (non indagato), politico a lui vicino, che a sua volta l’avrebbe poi affidata al Comune di Castello del Matese, dotato di Commissione ambiente.

Zannini si sarebbe inoltre adoperato per ottenere un parere favorevole proprio dalla Commissione di Castello del Matese, pur essendo consapevole, ipotizzano i pm, delle irregolarità nello studio ambientale presentato dai Griffo per realizzare l’opera.

Tra queste irregolarità ci sarebbero la mancata indicazione della reale distanza dell’impianto dal sito Natura 2000. Lo studio ambientale ne indicava una di 620 metri, mentre quella reale era inferiore. Altra criticità era rappresentata dalla descrizione dell’impianto come “in fase di realizzazione”, quando in realtà era già stato costruito.

In cambio dell’impegno che il mondragonese profuse per l’impianto, ottenne, dice l’accusa, una mini vacanza di lusso: Zannini e la sua famiglia salirono sul Camilla, yacht di 25 metri, il 9 settembre per poi rientrare sulla terra ferma il giorno dopo.

Secondo l’accusa, dopo aver saputo di essere sotto indagine, Zannini, per non lasciare tracce e non essere accusato di corruzione, avrebbe provveduto a pagare la vacanza di tasca propria.

Sebbene l’importo della gita (7.320 euro) sia stato pagato dopo l’indagine, gli investigatori ritengono che sia stata comunque una “restituzione fittizia” per evitare l’accusa di corruzione.

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