‘I soldi frodati al fisco e riciclati consegnati agli Iorio da Caliendo’

CASAL DI PRINCIPE – “Il caffè quando viene a prendertelo?”: è la domanda, in codice, che Nicolino Iorio, 78enne di Calvi Risorta, faceva ad Antonio Caliendo, 37enne casalese, quando era arrivato il momento di incassare i guadagni della società Ambienta, attiva nel settore dei rifiuti, che, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, lui e il figlio Antonio Luca avevano frodato al fisco. Come? Grazie a un giro di fatture per operazioni inesistenti. Quel denaro, hanno ricostruito i finanzieri del Nucleo di polizia valutaria di Roma, veniva poi riciclato sfruttando una batteria di società cartiere (quelle che avevano presentato le fatture false) controllate proprio da Caliendo. Realizzato questo passaggio, toccava recuperarlo fisicamente. E due erano le strade possibili per riprendersi i quattrini: o in contanti, grazie alla complicità di una batteria di prelevatori, o versandoli su conti di altri ‘amici’, alcuni dei quali aperti presso istituti bancari esteri. Scelta una delle due opzioni, gli Iorio, stando alla tesi dell’Antimafia, si attivavano per ritornare in possesso di quanto accumulato raggirando il fisco. Ed è a questo punto che arrivava la chiamata di Nicolino a Caliendo.

Le fiamme gialle, coordinate dal pubblico ministero Fabrizio Vanorio, hanno tracciato diversi contatti tra il 78enne di Calvi Risorta e il 37enne di Casal di Principe, tesi proprio al recupero del denaro che l’Ambienta aveva messo in circolazione, per evadere le imposte, con fatture false. Nel periodo in cui sono avvenute queste conversazioni propedeutiche agli incontri tra l’uomo d’affari caleno e il casalese, i finanzieri hanno puntualmente registrato movimenti bancari tesi a spostare denaro dall’Ambienta alle società ‘cartiere’ controllate da Caliendo e al suo successivo recupero.

Stando a quanto riscontrato dai finanzieri, Nicolino Iorio non si sarebbe fatto scrupoli a coinvolgere nell’azione di ripresa del denaro anche la figlia Giuseppina Maria Iorio (non coinvolta nell’inchiesta). Il 2 marzo 2022 Caliendo chiama il 78enne: “Don Nicola, sono fuori casa vostra”. “Stammi a sentire, adesso – gli risponde Iorio – chiamo un attimo mia figlia e viene”. E durante la telefonata l’imprenditore caleno si rivolge proprio alla figlia, Pina, dicendole: “Vai un attimo a casa. C’è Antonio che ti sta aspettando. È vicino al cancello”. Non abbiamo motivo per non credere che la donna, moglie dell’avvocato Francesco Della Corte (anche lui totalmente estraneo all’inchiesta su suocero e cognato), presidente di Fare Ambiente, salvo che il prosieguo delle indagini dimostri il contrario, si sia recata al cancello da Caliendo non consapevole del presunto patto criminale tra lui e il papà.

L’indagine sul giro di fatture e il riciclaggio di denaro, che in totale, secondo la Dda, ha mosso oltre 11 milioni di euro, ha fatto scattare 8 misure cautelari. A finire in carcere, su ordine del giudice Federica Colucci, sono stati Luca Antonio Iorio e Caliendo (a loro è stata contestata anche l’aggravante della finalità mafiosa). Domiciliari, invece, per Gaetano Marraprese, 48enne di Pastorano, Ersilia Carano, 58enne di Casale, Nicola Ferri, 69enne di San Marcellino, il già citato Nicolino Iorio (padre di Luca Antonio), Alfonsina Russo, 33enne, e Delisa Silvana Corvino, 67enne, entrambe di Casal di Principe. Sono accusati, a vario titolo, di riciclaggio di denaro, frode fiscale e intestazione fittizia di beni. Le ipotizziate condotte illecite ascritte agli Iorio, per la loro vicinanza imprenditoriale a Vincenzo Abbate, già condannato per concorso esterno al clan, avrebbero agevolato la fazione Zagaria. Logicamente i destinatari delle misure cautelari sono da ritenersi innocenti fino a un’eventuale sentenza.

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