I terreni di Francesco Schiavone Sandokan nelle mani di Natale. Nappa: “Era in rapporti con mio marito”

Anche Nicola, il figlio del capoclan dei Casalesi, parla dell’avvocato (non indagato): “Uomo di fiducia di mio padre”

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Francesco Schiavone, Giuseppina Nappa e l'avvocato Mario Natale (non indagato)

CASAL DI PRINCIPE – Il Riesame ha già deciso: Ivanhoe Schiavone resta in carcere. Il destino cautelare di Pasquale Corvino, invece, si definirà martedì prossimo. I due, difesi dai legali Pasquale Diana e Marco Schiavone, se ora sono in prigione – su decisione del Tribunale di Napoli – è a causa di 13 ettari situati in località Selvalonga, a Grazzanise. Si tratta di due appezzamenti, a pochi passi dall’aeroporto militare — nell’area dove potrebbe nascere l’atteso e richiesto hub commerciale — del valore di mezzo milione di euro, sequestrati, tre settimane fa, dal Tribunale di Napoli. Giovedì prossimo, sempre il Riesame, su istanza dell’avvocato Giuseppe Stellato, rappresentante degli attuali proprietari di quelle aree – i Natale -, valuterà se confermare o meno i sigilli.

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Questi terreni confinano con le storiche proprietà della famiglia del boss Francesco Schiavone (quasi tutte ormai confiscate e passate allo Stato). Il mafioso, negli anni Novanta, decise di acquistarli (voleva sfruttarli per il foraggio), lasciandoli però formalmente intestati (per metterli al riparo da possibili sequestri) al proprietario originario, Romolo Corvino, padre di Pasquale, di origini casalesi ma trapiantato a Formia.

Pasquale Corvino

Con la cosca falcidiata da arresti, confische e pentimenti, nel 2021 Ivanhoe Schiavone – l’unico figlio del capoclan rimasto libero (fino allo scorso luglio) tra quelli che non avevano aderito al programma di protezione (offerto loro dopo la collaborazione con la giustizia del fratello Nicola) – decise di vendere i terreni per fare cassa.

Prima, però, secondo la Dda, con l’aiuto di Pasquale Corvino, avrebbe costretto chi li aveva in affitto a non coltivarli più, invitandolo inoltre a non esercitare il diritto di prelazione quando sarebbero stati formalmente messi sul mercato. E, prima di arrivare a venderli, Schiavone e Corvino, ha ricostruito Direzione distrettuale antimafia di Napoli, decisero di darli in affitto a due società diverse da quella che fino ad allora li aveva curati: una porzione la diedero all’Aurora Società Agricola, di Enrico Maria Natale, attuale assessore comunale a Casal di Principe, e un’altra a Marco Natale (cugino di Enrico Maria).

Enrico Maria Natale, assessore del Comune di Casal di Principe (non indagato)

Passano pochi mesi e nel 2021 si concretizza la vendita. Nel marzo di quell’anno, i terreni vennero acquistati dalla società San Luca di Camillo Natale, amministrata da Camillo Natale fino al 2022 e successivamente da Mario Natale, avvocato, che cambiò la denominazione della società, la quale aveva come soci i suoi due figli: il già citato Enrico Maria e Gianluca Natale. La società diede a Pasquale Corvino, ritenuto il fittizio intestatario dei terreni di Schiavone (formalmente ereditati dal padre Romolo), 315mila euro. Corvino, a sua volta, corrispose parte dei soldi a Ivanhoe.

I Natale, per quanto ci risulta, sono estranei (e tutti da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) all’indagine che ha portato il figlio di Sandokan e il presunto prestanome in cella. Mario Natale (per quanto risulta, non indagato), che ha partecipato alla compravendita di questi terreni, era già finito sotto la lente della Dda di Napoli nel 2008. Il suo nome comparve in un elenco con altre 132 persone tutte coinvolte in una corposa inchiesta tesa a colpire la cosca Schiavone.

In quell’indagine, l’avvocato veniva accusato di associazione mafiosa e altri reati ‘satelliti’: secondo gli inqurenti era un colletto bianco del clan dei Casalesi. Ma Mario Natale è riuscito a dimostrare la sua estraneità ai fatti, ottenendo l’assoluzione.

L’avvocato, originario di Casale. ma ben radicato anche a Santa Maria Capua Vetere, è un uomo d’affari molto conosciuto in provincia di Caserta e tra le attività che aveva seguito – e che gli hanno dato notorietà – c’è la gestione di un tabacchificio a Pignataro Maggiore ed è ricordato in provincia anche per il suo impegno, oltre venti anni fa, nel mondo del calcio con l’Albanova, la squadra di Casal di Principe.

Nicola Schiavone, figlio di Sandokan, dal 2018 collaboratore di giustizia


A tutto il materiale che la Dda aveva raccolto su di lui nel 2008, ora si aggiungono nuovi elementi, altre voci. Le più interessanti sono quelle del primogenito di Francesco Sandokan Schiavone, cioè Nicola, che collabora con la giustizia dal 2018, e di sua madre, Giuseppina Nappa.
Il primo, rispondendo alle domande dei magistrati nell’ottobre 2024, traccia il profilo dell’avvocato come quello di “un uomo fidato” del padre capoclan. Nel farlo, ha tenuto a sottolineare anche di aver riferito informazioni su Natale in diversi precedenti interrogatori resi all’autorità giudiziaria.

Sulla stessa linea le dichiarazioni dell’ex consorte del capoclan, la Nappa, che pure ha detto di conoscere Mario Natale, evidenziando, come ha fatto il figlio, che “era in rapporti” con Sandokan. Logicamente, le parole di Nicola Schiavone e della madre (circa la presunta vicinanza di Mario Natale a Francesco Schiavone) non rappresentano verità assolute, vanno valutate, investigate, approfondite (e nel farlo gli inquirenti potrebbero anche non trovare riscontri).

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La Nappa e il suo primogenito, quando sono stati interrogati dai magistrati sulla compravendita delle aree a Selvalonga, hanno chiarito di non sapere che fossero state acquistate nel 2021 dai Natale.

L’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta ha fatto emergere, però, che a indicare questa famiglia a Sandokan come possibile acquirente dei terreni è stato Antonio Schiavone. Quest’ultimo andò a trovare in carcere il germano ergastolano nell’ottobre scorso (quando il percorso di collaborazione con la giustizia del capoclan era già stato abbondantemente bloccato dalla Procura, perché ritenuto non genuino) e, nel corso del colloquio, il mafioso – nonostante la reclusione al 41 bis – mostrò di essere informato su cosa era accaduto a quei terreni, intestati ai Corvino: sapeva che erano stati venduti, ma voleva conoscere a chi. Il fratello rispose che non sapeva con certezza l’identità dell’acquirente, ma, per sentito dire, immaginava che fosse l’avvocato Natale.

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