Il boss La Torre in udienza minaccia e insulta il giornalista di Cronache Tallino

La lettera dal carcere: “Io sono sconfitto momentaneamente, ma la forza delle cose lavora per me a lungo andare (Antonio Gramsci)”.

Dirlo nell’intervista, rilasciata nel 2018 mentre era nel carcere di Ivrea e diventata oggetto dell’ennesimo processo che sta affrontando, non gli è bastato. Augusto La Torre, ex guida della feroce cosca mafiosa che porta il suo cognome, per la Dda di Napoli ormai disciolta, ha ribadito l’offesa al giornalista di Cronachedi.it Giuseppe Tallino anche nel corso dell’udienza celebratasi la scorsa settimana. “È un pennivendolo”. Frase che ha pronunciato poco dopo che proprio Tallino era stato interrogato dal pubblico ministero e dal difensore di La Torre in veste di persona offesa.

Ad innescare il dibattimento che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale di Ivrea è stata la denuncia del nostro collega a seguito dell’intervista rilasciata da La Torre in cui lo definì “pseudo giornalista, altro lecchino che non solo scrive menzogne e non legge gli atti processuali, limitandosi a trascrivere le parti che gli passa qualcuno che è dovuto al segreto istruttorio, ma ha addirittura citato intercettazioni ambientali e telefoniche che non esistono”. E sulla stessa linea, in quel testo, rivolse parole offensive anche all’allora pm della Dda Alessandro D’Alessio, ora procuratore di Castrovillari, titolare dell’indagine che fece condannare per armi il figlio e il fratello di Augusto La Torre (quest’ultimo, pure coinvolto con l’accusa di estorsione, venne prosciolto). L’ex capoclan chiudeva l’intervista oggetto del processo con parole inquietanti: “Io sono sconfitto momentaneamente, ma la forza delle cose lavora per me a lungo andare”. Frase che, in altro contesto, aveva pronunciato Antonio Gramsci.

A seguito della diffusione dell’intervista e della denuncia, Tallino venne sottoposto a vigilanza saltuaria, misura disposta dalla Prefettura di Caserta. A distanza di 6 anni è ancora in corso il processo dove Augusto La Torre è a giudizio per diffamazione. Tallino, rispondendo alle domande del pubblico ministero e dell’avvocato di La Torre, ha ripercorso le tappe della vicenda oggetto del processo, evidenziando come, oltre alle parole offensive, l’essere stato individuato da La Torre, proprio poco dopo che erano stati colpiti alcuni suoi familiari, accusati dalla Dda di aver tentato di riorganizzarsi criminalmente, rappresentò motivo di forte preoccupazione.

Conclusa la sua testimonianza, è voluto intervenire, come detto, La Torre in videocollegamento con l’aula. L’ex capoclan ha ricordato di aver perso il programma di protezione, ma di essere ancora un collaboratore di giustizia. Ha rimarcato che la Dda ha dichiarato la sua cosca dissolta, ribadendolo negli atti che recentemente hanno fatto arrestare il cugino, Francesco Tiberio ‘Puntinella’, per estorsione aggravata dal metodo mafioso al consigliere regionale Giovanni Zannini. E poi ha proseguito negli insulti a Tallino: “Sono 33 anni che sono in carcere e non ho mai avuto un permesso premio. Solo un permesso di necessità per far visita a mia madre. Doveva accertare la fonte”. Il riferimento è a un articolo che nel 2018 il giornalista di Cronache scrisse su presunti contatti, tracciati dai carabinieri di Mondragone, con Bifone, mafioso di Portico di Caserta.

“Ancora oggi dice che avevo contatti (con esponenti criminali, ndr). Invece non ho contatti neppure con mio fratello Antonio (da qualche mese tornato in carcere) e con mio figlio Francesco Tiberio (condannato per droga e per armi). Dice che sono boss mafioso, irriducibile. C’è accanimento. Questo è tutto l’effetto Saviano, perché Tallino vuole la scorta. E ha sbagliato con me, perché sono collaboratore. Ma io sono collaboratore. Tallino è avventato o forse mal consigliato, e lo prendono anche in giro perché gli danno notizie fasulle…”. A questo punto il giudice è intervenuto fermando l’imputato e redarguendolo dicendo che stava sconfinando.

Chiuso l’intervento, ha testimoniato il direttore editoriale di Cronachedi, Ugo Clemente, che cofirmò la denuncia di Tallino. La Libra, società editrice di Cronache, si è costituita parte civile con l’avvocato Gennaro Razzino. Tallino è assistito dall’avvocato Francesco Parente. Si tornerà in aula dopo l’estate per l’esame dell’imputato. Il fine pena di La Torre è previsto per il 2033. È stato al 41 bis dal 2009 al 2011 e poi recluso nelle sezioni dedicate a collaboratori non ammessi al programma di protezione. È stato raggiunto da numerose sentenze di condanna in cui gli è stata riconosciuta l’attenuante di aver collaborato, ma anche da diverse in cui, invece, il suo apporto alla giustizia non è stato ritenuto valido. Recentemente aveva chiesto un permesso per poter incontrare alcuni familiari in una struttura a Padova, ma il Tribunale di Sorveglianza di Venezia non gliel’ha concesso. Decisione presa anche sulla scorta di una nota della Procura nella quale sono stati ricordati 29 omicidi contestatigli, oltre ai delitti di associazione mafiosa, rapina ed estorsione.

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