Non è una strada di passaggio. Via Ovidio non ha sbocchi: è un vicolo chiuso. Chi ci va è perché è lì che si trova quello che cerca. E nella notte tra ieri e lunedì chi ha raggiunto via Ovidio non lo ha fatto per bussare a un portoncino e fare una visita di cortesia. Ma per sparare.
I colpi esplosi erano stati nitidamente percepiti dai residenti della zona, ma in tanti avevano creduto che erano mortaretti. Al mattino, invece, i bossoli trovati a terra hanno spinto i cittadini a dare obbligatoriamente un’altra lettura a quanto avevano sentito: era stato un raid di piombo e così hanno allertato le forze dell’ordine.
Ieri mattina sono giunti i carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, guidati dal capitano Marco Busetto, per effettuare i rilievi. I militari hanno repertato bossoli calibro 7,65 (trovati, verosimilmente, in una sede diversa rispetto a quella originale) e accertato che un proiettile aveva sfiorato uno dei portoncini della via. Al momento, non ci sono elementi per dire se chi ha sparato sia arrivato nel vicolo in sella a una moto o a bordo di un’auto. Gli investigatori, ora, non possono neppure escludere che possa essersi trattato di spari effettuati da una finestra poco distante.
Tra le piste calde c’è e resta quella della stesa. E a renderla tale è il fatto che in via Ovidio c’è l’abitazione di Oreste Reccia, storico esponente del clan dei Casalesi. In quella casa, però, il mafioso, alias Recchia ‘e lepre, non c’è. Non può esserci perché è in carcere. Era tornato in libertà, dopo aver scontato una lunga pena in prigione, nel 2020. Ma rimesso piede a San Cipriano d’Aversa, stando a quanto accertato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, si è subito rituffato nel crimine. Aveva organizzato una batteria di estorsori con cui ha taglieggiato diversi imprenditori e commercianti dell’Agro aversano. Condotte che nel 2021 lo hanno rispedito in cella e fatto condannare a 9 anni (sentenza ormai definitiva).
In via Ovidio, inoltre, hanno un immobile anche alcuni familiari di Francesco Mauriello, il sanciprianese condannato all’ergastolo per aver assassinato, nel dicembre 1987 a Castel Morrone, il carabiniere siracusano Carmelo Gangi e il suo collega barese Luciano Pignatelli.
Chi ha sparato? E perché? Sono le domande a cui stanno provando a rispondere i militari dell’Arma coordinati dalla Dda di Napoli. E nel farlo, seppur con i riscontri oggettivi che ci sono adesso si rischia di compiere un volo pindarico, non può essere esclusa la pista investigativa che collega i colpi esplosi a San Cipriano d’Aversa con i raid di piombo andati in scena a Casal di Principe pochi minuti prima della mezzanotte di venerdì scorso in via Bologna e in piazza Mercato.
Le armi usate sono diverse come diverse sono anche le modalità di azione. Ma a determinare il link tra i tre episodi c’è la vicinanza tra i possibili destinatari di questi avvertimenti. In via Bologna è chiaro che il target era rappresentato dalla famiglia di Francesco Sandokan Schiavone, da marzo collaboratore di giustizia. Ad essere stato crivellato di colpi infatti è stato il portone della casa ora abitata da Emanuele Libero Schiavone, tornato in città da aprile, e dal fratello Ivanhoe, figli del capoclan ‘pentito’. E considerando che piazza Mercato, dove sono stati sparati, in aria, proiettili con una mitraglietta, è una zona cara proprio agli Schiavone, anche per questo episodio il target sembrerebbe essere lo stesso di via Bologna. In via Ovidio, a San Cipriano, dove c’è stata la probabile stesa, come detto, vive la famiglia Reccia. E i Reccia, da qualche anno, si sono legati molto proprio agli Schiavone (frequentazione che, chiariamolo, non implica il fatto che – speriamo vivamente che sia così – debba per forza essere finalizzata alla commissione di reati). Ad ogni modo, entità a parte di questo rapporto, considerando che ciò che resta degli Schiavone ora è sotto attacco, chi vuole colpire e sta colpendo i figli di Sandokan potrebbe aver deciso di fare intorno a loro terra bruciata. E per tale ragione la stesa a San Cipriano potrebbe essere percepita come un avvertimento a chi gli è ancora vicino.
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