Il jazz manouche incontra il flamenco nel repertorio che un trio di musicisti d’eccezione presenterà in una delle location più belle di Napoli. Il Gipsy Jazz Trio sarà in concerto il prossimo venerdì 20 settembre , a partire dalle 21, a Palazzo Venezia, via Benedetto Croce 19, Napoli. Un progetto voluto dal batterista e percussionista partenopeo Ciro Troise e che vede lo stesso Troise al cajon. Alle chitarre Corrado Paonessa, musicista poliedrico ed eccellente interprete della tecnica chitarristica sviluppata dal grande Django Reinhardt e Nello Angelucci, virtuoso della chitarra flamenca.
Troise è un talentuoso musicista molto noto nell’ambiente jazzistico napoletano. Vanta collaborazioni con diversi artisti di valenza internazionale come il pianista Kirk Lightsey, il sassofonista Ray Blue e Tom Kirkpatrick, trombettista dell’orchestra di Charlie Parker. Nel corso della sua carriera è stato addirittura invitato a suonare per il presidente Barack Obama presso l’ambasciata americana a Roma, durante una delle sue visite in italia. Numerose anche le esibizioni di Troise al parlamento europeo con il sassofonista Fabrice Mukuna. Dopo il lockdown ha portato in teatro colonne sonore di film con Mariella Pandolfi al piano e Massimo Mercogliano al contrabbasso.
È proprio Troise, incontrato alla Locanda del Cerriglio di Napoli dove si è esibito insieme al chitarrista swing Pietro Condorelli e al contrabbassista Massimo Mercogliano, a spiegarci lo spirito del progetto. “La chitarra con corde di nylon suonata in stile flamenco – spiega – e quella gipsy/jazz manouche, il cajon e un set di percussioni. È un progetto tutto acustico. Io e gli altri ci siamo incontrati dopo tanti anni di esperienza e siamo riusciti a contaminarci l’un l’altro, con un repertorio vastissimo che abbraccia brani musicali di ogni stile o epoca, accattivante sia nella scelta dei brani che nelle sonorità”.
Qual è stato il tuo primo incontro con la musica?
“Il ritmo è stata sempre la mia passione. Quando approdavano al porto di Napoli le navi della flotta americana con i marines c’erano anche le cassette di musica black. Subito fui rapito dalla break dance e cominciai ad interpretarla. Da lì a poco fu molto facile passare ad una batteria Pearl. Sono stato influenzato dalla musica afroamericana da piccolo, abitando nel cuore pulsante di Napoli a pochi passi dai teatri e club”.
Ma quando hai deciso di fare di questa passione il tuo lavoro?
“Dopo che mi sono trasferito a Roma ho vinto una borsa di studio in un concorso indetto dalla scuola di musica moderna “Saint Louis”, in via Panisperna”.
Mi hai parlato di una carriera ricca di soddisfazioni.
“Sì, è così. Nel 1999 ho ottenuto il primo premio nel festival “Baronissi Jazz” con un riarraggiamento di “Nigth in Tunisia”. In seguito fui invitato in diverse trasmissioni televisive tra cui “Roxy bar” di Red Ronnie”.
Quali sono state le collaborazioni che ti hanno aiutato a crescere artisticamente?
“È stato molto importante per me collaborare con Joe Amoruso, Pietro Condorelli, Antonio Onorato, Pippo Matino, Giovanni Amato, Giulio Martino, Robert Bonisolo, Aldo Farias, Tom Kirkpatrick. Potrei citarne molti altri. Durante un seminario in Belgio, in una serata nel prestigioso club “Music Village” di Bruxelles fui avvicinato da un impresario che volle che accompagnassi Kirk Lightsey. Una leggenda del jazz, pianista con Dexter Gordon in un quartetto insieme a Ray Blue al sax ed Alex Gilson al contrabasso”.
Quali sono i motivi che ti hanno spinto a lanciarti in questo nuovo progetto?
“In Campania ne nascono tanti, ma credo che il Gipsy Jazz Trio abbia qualcosa di molto raro da queste parti. Mi riferisco alla coesione tra i musicisti che lo compongono. La maggior parte delle formazioni campane ha vita breve proprio perché manca questo spirito di collaborazione tra i colleghi. Spesso prima o poi pesano i personalismi, l’idea che un musicista debba coltivare il proprio orticello per emergere. Io la penso in maniera diametralmente opposta. Credo che la crescita professionale in ambito musicale nasca dal confronto con gli altri. E credo che stavolta si sia creato proprio quel tipo di magia tra noi”.
Quanto a Paonessa, è un chitarrista eclettico. Didatta e studioso dello strumento, nel corso della sua formazione ha avuto riferimenti molto diversi, dai giganti del jazz mainstream come Wes Montgomery e Joe Pass a virtuosi del rock come Joe Satriani, Steve Vai e Jeff Beck, fino alle icone della musica folk americana e del fingerpicking come Tommy Emmanuel e Tuck Andress. Ha suonato con colleghi del calibro di Marcus Miller e Tommy Emmanuel e con i più noti musicisti partenopei, da James Senese a Tullio De Piscopo, da Marco e Rino Zurzolo a Salvatore Tranchini.
Angelucci è un appassionato e un didatta della chitarra classica flamenco. Nato a Napoli, ha intrapreso i primi studi di chitarra classica da giovanissimo, per poi avvicinarsi al jazz e più tardi alla chitarra flamenca. Dopo aver maturato importanti esperienze in Italia e aver suonato in band americane è partito per una serie di concerti all’estero che lo hanno portato in Giappone. Qui ha vissuto per oltre 30 anni, esibendosi come chitarrista solista nei migliori teatri, hotel e in manifestazioni di vario genere. Collabora con il sassofonista americano Jim Butler, con il pianista Dai Sakakibara e tanti altri.