CASAL DI PRINCIPE – È il 19 aprile 1993: Luigi Iannotta, imprenditore e assessore al Comune di Capua, già vicepresidente del Consorzio di inerti calcarei (Covin), viene assassinato a Santa Maria Capua Vetere, in via Giovanni Paolo I. Sono passate da poco le 20 e 30. Il killer lo chiama per nome: è il suo appuntamento con la morte. Iannotta si gira e viene freddato con una pistola calibro 38: cinque dei sei proiettili esplosi lo colpiscono.
A 30 anni di distanza da quel raid di piombo, i familiari di Luigi non conoscono ancora il nome di chi ha premuto il grilletto. Le indagini finora svolte non sono riuscite ad assicurare il colpevole alla giustizia né ad inquadrare con certezza il contesto del delitto.
L’attività investigativa avviata subito dopo l’agguato non portò ad alcun risultato. Ma la Dda, su input della famiglia della vittima, tornò ad occuparsi del caso nel 1996: interrogò alcuni collaboratori di giustizia che collegarono l’omicidio al clan dei Casalesi. Tra i pentiti che vennero ascoltati dai magistrati ci fu Raffaele Caianiello: “Izzo mi spiegò che lui stesso doveva partecipare all’esecuzione materiale dell’omicidio insieme ad Arcangelo Parente, deceduto in un incidente stradale nel 1993”. Ma tale Izzo, per motivi ignoti a Caianiello, non prese più parte all’agguato. A sostituirlo sarebbe stato un giovane che sarebbe diventato, da lì a poco, il capozona del Basso Volturno: “Al suo posto partecipò Alfonso Cacciapuoti. L’omicidio in questione era stato ordinato da Cantiello (Antonio, ndr) che aveva consegnato a lui (a tale Izzo, ndr) la calibro 38 per uccidere Iannotta. Lui stesso aveva poi consegnato ai due esecutori materiali la pistola poiché non avrebbe più partecipato all’omicidio. La pistola rimase a disposizione di Parente fino a quando non morì. Io stesso e Izzo, dopo la scomparsa di Parente, fummo incaricati da Cantiello di andare a recuperare la pistola”.
Se Caianiello parlò agli inquirenti del presunto esecutore materiale, è Carmine Schiavone, cugino del capoclan Francesco Sandokan, invece, che rivelò il presunto movente: “Iannotta, contro le nostre decisioni, aspirava a diventare presidente del Covin, che nel frattempo si era sciolto e che cercava di riattivare. Di tale omicidio e dello scioglimento del consorzio appresi notizie mentre ero in carcere”. Insomma, agli occhi della mafia dell’Agro aversano Iannotta era un imprenditore scomodo che non sottostava ai propri ordini. E per tale ragione sarebbe stato ucciso.
Per gli inquirenti le dichiarazioni di Caianiello e Schiavone non sarebbero bastate a strutturare un’accusa che potesse reggere in un dibattimento. E così la Dda mollò. Ma i familiari di Iannotta hanno continuato a sperare che la verità prima o poi saltasse fuori. E ora, rappresentati dall’avvocato Giovanni Zara, desiderano che si riprenda l’attività investigativa, sfruttando, magari, i nuovi collaboratori di giustizia e anche i pentiti che, dopo l’assassinio, non erano stati sentiti (Carmine Schiavone è deceduto nel 2015).
Stando alle tracce date da Caianiello e Schiavone, quello di Iannotta è un delitto eseguito sull’asse Casale di Principe-Grazzanise-Capua. Seguendo questa direttrice, potrebbero fornire informazioni utili agli inquirenti ex ras che negli anni Novanta bazzicavano tra il Basso Volturno e l’Agro caleno, come Giovanni Ferriero, Domenico Frascogna, Raffaele Ferrara e Lettiero Cuono, ma potrebbero avere informazioni su quel delitto anche collaboratori più ‘freschi’ come Benito Natale e Francesco Zagaria, alias Ciccio ‘e Brezza. Non è da escludere che sia disposto a dare notizie in merito all’assassinio di Luigi Iannotta, se dovesse esserne in possesso, pure Francesco Schiavone Cicciariello (da diversi anni dissociatosi dal clan). Il boss, condannato all’ergastolo, già in diverse occasioni ha riferito agli inquirenti elementi che sono risultati essere importanti per riaprire casi di omicidio irrisolti.
Tale Izzo e Alfonso Cacciapuoti, indicati dal pentito Caianiello, ad oggi non risultano indagati per il delitto Iannotta (e rispetto a tale eventuale accusa vanno considerati innocenti). Cacciapuoti al momento si trova in carcere e dovrebbe terminare di scontare la sua pena prima dell’inizio dell’estate. Già a fine maggio è possibile che l’ex capozona metta alle spalle il carcere e torni a Grazzanise.
L’imprenditore Iannotta è già stato riconosciuto dal Ministero vittima innocente.
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