Il malcontento del Nord che preoccupa Matteo Salvini

Parecchi malumori per l'alleanza tra Lega e M5S che non ha portato i riscontri economici che si attendevano gli imprenditori del Nord

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse Nella foto Matteo Salvini

ROMA – C’è qualcosa al Nord del Paese che preoccupa Matteo Salvini e la Lega. Un malcontento che sta attraversando la roccaforte leghista del lombardo-veneto e del Piemonte. Dalla Confindustria Lombardia che ha attaccato il governo sulla questione Tav alla piccola e media impresa che vede la produzione italiana in grande difficoltà, da Roberto Maroni che ipotizza la costituzione di un partito ad un Nord leghista che mal sopporta gli alleati pentastellati e i ritardi sul regionalismo differenziato. L’accelerazione di Salvini sulla flat tax e la battaglia per il sì al Tav ne sono testimonianza.

La ‘scissione’ nordista spaventa Salvini

La nuova Lega, per quanto “con Salvini” e non più Nord, conserva nel suo dna, soprattutto al settentrione, la radice storica di un partito che faceva di ‘Roma ladrona’, ‘secessione’ e ‘Padania libera’ il suo slogan. E quella fetta nata con Umberto Bossi negli anni Ottanta e rimasta fino ad oggi con Matteo Salvini qualche mal di pancia lo avverte. Lo dicono le ultime affermazioni di due leghisti d’antan come Roberto Maroni e Flavio Tosi, che ipotizzano la formazione di un partito identitario del Nord che sarebbe un bell’ostacolo per Salvini. Lo dimostrano le dimissioni del capogruppo leghista a Verona in dissenso con il congresso mondiale della Famiglia voluto dal ministro leghista Fontana. Lo dimostrano i sondaggi in Piemonte, che non premiano il Carroccio come i leghisti vorrebbero. Insomma, il Nord non sta abbandonando Salvini, che vola a percentuali alte. Ma tentenna. E la crepa nella diga, una volta aperta, non si rimargina più.

I 5 Stelle che infastidiscono la base leghista del Nord

A infastidire gli elettori leghisti, o almeno parte di essi, è il partner di governo di Salvini. Giusto o sbagliato che sia, governare insieme ai 5 Stelle è un boccone amaro da mandar giù. Lo dicono i titoli di giornali schierati a destra come Libero Quotidiano, “Comandano i terroni”, lo dicono i tanti che spingono Salvini a ricompattare il centrodestra e governare da soli. Lo dicono i movimenti a favore della Tav o della flat tax, lo dicono i movimenti in favore dell’autonomia differenziata poi bloccata da Conte. Preso dallo ‘sfondamento a Sud’, compiuto fino ad un certo punto, il leader del Carroccio non può e non vuole perdere la sua roccaforte.

Il Nord produttivo è preoccupato per l’economia italiana

Ma la questione madre è l’economia. I dati sulla crescita del Paese non cono confortanti. Le regioni più produttive d’Italia, quelle che votano a destra e soprattutto la Lega, non possono ignorare questi dati. Non c’è narrazione sui migranti o securitaria che regga. Il Nord più ricco e produttivo vuole risposte concrete e guarda alla realtà. La paventata crisi, l’aumento della pressione fiscale, il reddito di cittadinanza, la flat tax non ancora arrivata in Parlamento e la prospettiva di un governo litigioso non infiammano questo genere di elettorato. Salvini lo sa, lo dimostrano le posizioni su Tav e flat tax.

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