Mimì alla Ferrovia profuma di quella Napoli che ti accoglie come una nonna affettuosa: un miscuglio di storia, caffè, tradizione e un pizzico di magia che resta sospeso nell’aria. Si è tenuta qui la conferenza stampa “Il nodo che fa gola”, una nuova tappa delle celebrazioni degli 80 anni del ristorante, una ricorrenza che non è solo un compleanno, ma un pezzo di identità partenopea che continua a brillare. Al centro della scena, l’eleganza senza tempo della Maison Cilento 1780, che ha presentato in anteprima due cravatte sette pieghe e due foulard in pura seta ispirati ai simboli iconici del ristorante: il leggendario peperone ‘mbuttunato e l’inconfondibile ferro di cavallo. Piccole opere d’arte da annodare al collo o da indossare come pennellate di stile, frutto di una collaborazione che sembra un romanzo familiare: da una parte i Cilento, dall’altra i Giugliano, due dinastie napoletane che, da secoli, custodiscono e rinnovano tradizione e artigianalità.
Ad aprire l’incontro, l’assessora al Turismo Teresa Armato, che ha ricordato quanto Mimì sia stato, e continui a essere, un faro dell’accoglienza napoletana: un ristorante che ha fatto innamorare personaggi del cinema, della musica, della politica e persino… della malavita, perché, come dirà più tardi la figlia di Michele, “Mimì è un ristorante democratico”. Qui ci hanno mangiato tutti: Agnelli, Fellini, Mastroianni, Lucky Luciano, Scalfaro, Ciampi. Da qui ci sono passati i De Filippo dopo gli spettacoli al Teatro Orfeo, che stava proprio accanto. Qui, tra un piatto fumante e un sorriso di famiglia, è cresciuta un’idea di Napoli che sa essere nobile e popolare allo stesso tempo. Presente anche la presidente della IV municipalità di Napoli Maria Caniglia: “Mimì alla Ferrovia e Maison Cilento sono un centro di attenzione per la municipalità e per il comune“, ha detto, ribadendo anche il suo impegno nel migliorare le condizioni ambientali della città.
Ugo Cilento, con quell’eleganza che sembra innata, ha raccontato la fatica e l’amore dietro la sartoria di famiglia – persino lavorare con la febbre pur di non mancare – e ha spiegato l’emozione di trasformare un peperone ‘mbuttunato in un motivo di cravatta. La giornalista Vera Viola lo ha riassunto così: “Solo lui poteva rendere elegante un’espressione della cucina popolare come il peperone ‘mbuttunato”.
A rendere ancora più preziosa la mattinata, un estratto della prefazione di Maurizio de Giovanni al catalogo fotografico dedicato agli 80 anni di Mimì. Parole che sembravano sospendere il tempo: “La magia di Mimì alla Ferrovia è nella collocazione al di fuori della linea temporale… un tempio laico della napoletanità“. E come dargli torto? Qui – ha detto – non si mangia semplicemente: si visita la città.
Il Sindaco Manfredi, impossibilitato a essere presente, ha inviato un messaggio carico di affetto, ricordando la Medaglia della Città di Napoli assegnata proprio quest’anno. Un riconoscimento che ribadisce quanto Mimì sia più di un ristorante: è un presidio culturale e gastronomico, un pezzo di Napoli che resiste e rilancia.
Tra gli aneddoti più belli della giornata, quello di Diego Franco, cliente storico, che ha raccontato il suo primo ingresso da Mimì a otto anni, mano nella mano col nonno, prima di prendere il treno per seguire il Napoli in trasferta. E poi le sue tre mogli – tutte entusiaste del ristorante, unico punto in comune tra loro. Se non è napoletanità questa…

La mia esperienza: una giornata che sapeva di convivialità
In questo quadro così denso di storia, io mi sono ritrovata seduta al tavolo come se stessi entrando in casa di amici di lunga data. La famiglia Giugliano – Michele senior, Michele junior, Ida, lo chef Salvatore – si è mostrata come sempre: accogliente, sorridente, disponibile. Una famiglia vera, che ti fa sentire parte del racconto. Anche i camerieri, impeccabili e simpaticissimi, hanno contribuito a creare quell’atmosfera calda che solo Mimì sa regalare. Durante il pranzo degustazione, il famoso peperone ‘mbuttunato ha fatto il suo trionfale ingresso… almeno per gli altri. Per me, che sono vegetariana, è arrivata una parmigiana di melanzane da applauso. Poi un crocchè alla napoletana (agli altri con gambero), e i celebri bao con la genovese – sì, proprio così: un ponte tra tradizione e modernità che racconta benissimo l’approccio dello chef Salvatore. Il primo piatto è stato una pasta con pomodorini gialli e rossi, semplice e perfetta. Non lo nego: la scarpetta è stata obbligatoria. A coronare il tutto, vino buono, un babà ripieno di crema e immancabile caffè finale.
È sorprendente come un evento dedicato a cravatte e foulard possa trasformarsi in una tavolata di sconosciuti che, tra un brindisi e un racconto, diventano compagni di un’esperienza condivisa. È il potere della convivialità, della buona cucina e della bellezza stessa di Napoli. Mimì alla Ferrovia e Maison Cilento 1780 non hanno bisogno di aprire filiali o format da esportare. Sono realtà uniche, napoletane fino al midollo, non replicabili. Mimì non è solo un ristorante, è un viaggio nello spazio e nel tempo, un mosaico di storie, di visi, di gesti tramandati. E questa mattinata lo ha ricordato a tutti: Napoli cresce, cambia, supera i 22 milioni di turisti all’anno, si rinnova. Ma certi luoghi – e certe famiglie – restano radici forti che raccontano chi siamo. E poi sono andata via, uscendo da Mimì con la sensazione di aver partecipato a qualcosa che – davvero – fa gola.



















