Il Puc cucito su misura per la speculazione edilizia sui terreni di Schiavone. La frase choc di De Rosa (non indagato) sull’entourage di Lusini: “Sono peggio dei Casalesi”

Per gli inquirenti Pittocchi il redattore occulto del piano

TEVEROLA – Lo ha coltivato con pazienza. Del resto, Biagio Lusini, di impulso, fa poco o nulla. Costruire appartamenti su appartamenti in località Madama Vicenza, infatti, non sarebbe stato un progetto improvvisato, ma, al contrario, meditato, che affonda le sue radici nel lontano 2013. Un piano che ha visto la luce (realizzando il Parco Iris) superando diversi ostacoli, come tecnici comunali non disposti a concedere permessi ‘facili’ e amministratori non propensi ad accontentarlo. Come avrebbe superato queste avversità? Pagando: è la risposta che dà la Procura di Napoli Nord. Sarebbe riuscito a piegare la macchina comunale al suo volere, anche quando, formalmente, era fuori dalla squadra che guidava il Comune.

Abbiamo detto 2013 perché è quella la data in cui il Municipio approvò, con una delibera di giunta, il Piano urbanistico comunale, quando al vertice dell’Ente c’era proprio Lusini. Al tempo, Gennaro Pitocchi, persona di fiducia dell’allora primo cittadino, era inserito nell’organigramma dell’ufficio Tecnico. E il progettista del Puc era Nicolino Botti, architetto proveniente dal salernitano e compaesano di Teresa La Palomenta, attuale compagna proprio di Pitocchi e madre di Alessandro Pisani. Insomma, già 11 anni fa intorno al Puc, direttamente e indirettamente, stando ai nomi appena elencati, ruotavano soggetti che anche negli ultimi tempi sono stati vinci a Lusini (e sono anche tra i 15 coinvolti nell’inchiesta che ha fatto scattare l’altro ieri le 8 misure cautelari). Con il nuovo strumento urbanistico, i terreni di Pasquale Schiavone (dove sorge il Parco Iris) passarono da una zona prettamente agricola a un’area edificabile. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa, che hanno condotto l’inchiesta su Teverola, il vero artefice del Puc non fu Botti, professionista adoperato solo come copertura, ma Pitocchi. Circostanza che troverebbe conferma, dicono gli inquirenti, in una conversazione datata 2 ottobre 2020, intercettata tra Angelo Morra, l’amministratore della ditta che realizzerà il Parco Iris (anche lui indagato), e Ulderico Di Bello, al tempo capo dell’area Tecnica (non indagato) e inviso a Lusini perché non disponibile a piegarsi alle sue richieste: “Ma quel Puc – chiede Di Bello – l’ha fatto Pitocchi? […] Il Puc di Teverola”. E Morra risponde con un secco “Sì”.

Che quel Puc fosse stato tracciato per uno scopo preciso lo afferma anche Pasquale Buonpane nel settembre 2020, stando ai nomi elencati, quando si trovava nell’ufficio Tecnico a chiacchierare con il suo sindaco Tommaso Barbato e con Di Bello: “Tu pensi che sia un errore, magari è fatto apposta per creare queste situazioni… Possiamo quasi dire che è un vestito”.
I terreni di Schiavone erano inseriti in un’area classificata come zona B,che dà la possibilità di costruirci senza necessità di un piano di lottizzazione. E proprio questo sarebbe l’errore (quello di cui parla Buonpane) che in diverse circostanze, tutte intercettate, è stato evidenziato con forza dai vari responsabili di settore che si sono succeduti: i terreni sarebbero dovuti essere classificati come zona C, ovvero edificabile ma con obbligatorio piano di lottizzazione, considerando la totale mancanza di precedenti edificazioni in quell’appezzamento. Chi non era disposto a non rispettare questa prescrizione era Di Bello e, come già affrontato negli articoli di ieri, Lusini, ipotizza la Procura, si attivò per non fargli confermare dall’amministrazione l’incarico e far arrivare al suo posto Davide Vargas, che avrebbe dato, poi, il via libera, come lui desiderava, all’operazione edilizia.

Questo sistema che avuto in Lusini il suo motore, teso a fargli ottenere dagli uffici comunali ciò che voleva, viene descritto da Raffaele De Rosa (non indagato), all’epoca anche lui in servizio in Municipio, mentre conversava, nel 2020, con il collega Di Bello (che da lì a breve sarebbe stato silurato). E nel farlo, De Rosa, di Casapesenna, usa frasi durissime: “Il problema è che vogliono fare tutto all’interno della loro entourage. […] Non deve uscire niente all’esterno, nessuno gli deve dire no. […] È tutto omertoso, cioè è un’organizzazione tipo clan dei Casalesi, tale e quale. […] Ma quelli sono peggio dei Casalesi. Noi veniamo da dentro la terra della delinquenza e non ci siamo sporcati le mani. Adesso vorrebbero farcele sporcare a Teverola”. Insomma, De Rosa, come Di Bello, non avevano affatto intenzione di produrre atti, che violavano la legge, per favorire Lusini.
Alla fine, nonostante la resistenza di una parte dei tecnici che ha lavorato a Teverola, l’ex sindaco, dice la Procura, sarebbe riuscito nel suo intento, ottenendo il permesso per costruire il Parco Iris.

Se l’ex primo cittadino si interessava a questa operazione è perché la ditta incaricata di realizzare il parco residenziale sarebbe stata a lui collegata. Parliamo della Delfi Costruzioni, amministrata da Angelo Morra e in cui hanno quote anche i figli di Lusini (non indagati). L’ex primo cittadino, mentre rivestiva la carica di consigliere di opposizione, per ottenere il via libera, avrebbe pagato una mazzetta di 15mila euro a Barbato e Buonpane affinché, nei loro ruoli di sindaco e assessore, convincessero Vargas a dare la concessione.
La vicenda relativa al Parco Iris è contenuta nell’inchiesta, coordinata dai pm Cesare Sirignano e Patrizia Dongiacomo, che ha fatto scattare 8 misure cautelari. Quattro sono finiti agli arresti domiciliari: Lusini, 65 anni, Barbato, 51 anni, Pasquale De Floris, 42 anni, imprenditore e già consigliere comunale, e l’ingegnere Pitocchi, 66 anni, di Aversa. Divieto di dimora a Teverola, invece, per Buonpane, 43 anni, ex assessore (quando a guidare la giunta era Barbato), Morra, costruttore 67enne di Teverola, Alessandro Pisani, 35enne di Aversa, e La Palomenta, 61enne di Caserta.

La Procura di Napoli Nord, guidata da Maria Antonietta Troncone, che ha coordinato l’indagine, aveva proposto la misura cautelare anche per altre 7 persone, ma il giudice ha respinto la richiesta, ravvisando che non ci fossero gravi indizi a loro carico. Chi sono? Davide Vargas, 68enne di Aversa, ex capo dell’ufficio tecnico, Massimiliano Schiavone, 55enne di Gricignano d’Aversa, che ha lavorato come responsabile dell’area Finanze per Teverola, Biagio Pezzella, 59enne, consigliere comunale, Crescenzo Salve, 57enne, ex amministratore, Nicolino Botti, 65enne di Salerno, Pasquale Schiavone, 80enne di Teverola, e Giovanni Miniero, 56enne di Aversa.
Ai 15 finiti sotto inchiesta, da ritenere tutti innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, viene contestato il reato di corruzione. Nel collegio difensivo, gli avvocati Giuseppe Stellato, Domenico Cesaro, Maurizio Abbate, Alessandro Caputo, Luigi Iannettone e Mario Griffo.

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