Il sax di Anastasio canta i vicoli di Napoli: ecco il singolo “‘O Vico Street”

È appena uscito ’O Vico Street, il nuovo singolo dal sapore mediterraneo del grande sassofonista partenopeo

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Enzo Anastasio

‘O Vico Street, il nuovo brano di Enzo Anastasio uscito il 30 luglio sulle piattaforme digitali, è una composizione che si distingue per profondità di scrittura e precisione formale, ma soprattutto per la capacità di coniugare radici e visione, passato e contemporaneità. Un titolo che, già nella sua ambivalenza linguistica, rivela l’intenzione poetica e musicale dell’autore: “Vico” come il vicolo napoletano vissuto da ragazzo, e “Street” come l’orizzonte sonoro delle grandi città americane, da cui il jazz ha tratto la propria voce.

Anastasio, sassofonista e flautista classe 1985, si è formato nei conservatori di Napoli e Salerno, proseguendo poi un percorso che lo ha portato a confrontarsi con maestri della scena internazionale – da Dave Liebman Bob Mintzer – senza mai perdere il legame con la sua città. Musicista colto, rigoroso, incline a una sintesi tra linguaggi, ha costruito negli anni un’identità solida, riconoscibile, nutrita da ascolti trasversali e da una sensibilità timbrica che affonda le sue radici tanto nella lezione afroamericana quanto nella tradizione melodica mediterranea.

‘O Vico Street si apre con una pulsazione stabile e ben articolata, un groove medio-funk in cui la batteria di Mario Romeo e il basso elettrico di Roberto D’Aquino costruiscono un impianto ritmico regolare, ma animato da microvariazioni e accenti sincopati.

L’impianto armonico si dispiega con accordi estesi – talvolta addolciti da sospensioni e aperture modali – che ricordano la scuola post-bop ma si spingono, per sintesi e profondità, verso territori che potrebbero ricordare alcune scritture di Joe Zawinul o lo stile orchestrale dei Weather Report.

La linea tematica, affidata al sax soprano di Anastasio, è esposta con chiarezza: un tema cantabile, costruito su frasi ampie, con un respiro melodico che rimanda più al linguaggio del canto che a quello del fraseggio saxofonistico convenzionale. Anastasio privilegia l’articolazione, la rotondità del suono, la cesellatura dinamica.

Non forza mai il registro, e proprio in questa sobrietà emerge l’intelligenza del suo approccio: ogni nota è necessaria, ogni pausa ponderata. Nella sezione centrale del brano, il sax si apre all’improvvisazione, in un solo che sviluppa il materiale tematico con coerenza e intensità. Il riferimento a Michael Brecker non è forzato: c’è qualcosa, nella costruzione delle frasi e nella gestione dell’energia, che richiama quel tipo di modernità – mai fredda, sempre espressiva – che Brecker aveva saputo incarnare con esemplare misura.

Accanto al sax, si inserisce con grande naturalezza l’improvvisazione del flicorno di Gianfranco Campagnoli, che articola un discorso complementare, costruito su un suono caldo, intimo, capace di attraversare l’armonia senza mai perdere contatto con il canto. Il suo lavoro è sostenuto anche dagli arrangiamenti per la sezione fiati, di cui è autore, che arricchiscono la tessitura orchestrale del brano in maniera misurata, quasi cameristica, pur conservando una pulsione jazzistica costante.

Altri elementi arricchiscono la tavolozza: Mauro Spenillo al piano e alle tastiere lavora su tappeti armonici morbidi e suggestivi, spesso affidandosi al timbro rotondo del Rhodes; Pippo Seno, alla chitarra, interviene con discrezione, ma sempre con pertinenza, mentre la fisarmonica di Sasà Piedepalumbo introduce una sfumatura dal sapore mediterraneo che si inserisce nel discorso musicale come un’eco della memoria. Michele Maione alle percussioni completa l’impianto ritmico, sottolineando certi passaggi con intelligenza timbrica.

L’intera architettura del brano rivela una cura particolare per la forma. L’alternanza tra esposizione tematica, sviluppo e improvvisazione non risponde a uno schema fisso, ma si articola in un flusso che richiama certe scritture del jazz elettrico degli anni Settanta, senza però rinunciare alla trasparenza del linguaggio contemporaneo.

La resa sonora, affidata a Graziano Donadona per il mix e il mastering, restituisce un’immagine chiara, equilibrata, in cui ogni strumento trova spazio e definizione. La fotografia di copertina, a firma di Angelo Ciaramella – ragazzini che giocano a calcio tra i vicoli – è coerente con la narrazione: suggerisce un mondo concreto, quotidiano, senza mitizzazioni, ma carico di senso.

Con ‘O Vico Street, Anastasio dimostra di essere un compositore e interprete capace di coniugare scrittura e spontaneità, tradizione e ricerca, ascolto e racconto. Il brano, pur anticipando un lavoro più ampio (l’album in vinile “40”, con cui Anastasio celebra i suoi primi 40 anni di vita, sarà pubblicato entro la fine dell’anno), si regge da sé per solidità formale e intensità espressiva. Musica che parla a chi conosce il lessico del jazz, ma anche a chi riconosce nel suono una forma di memoria e di identità. Un piccolo omaggio alla Napoli reale, che non ha bisogno di essere rappresentata, ma soltanto ascoltata.

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