SAN FELICE A CANCELLO – Deve scontare 4 anni e 4 mesi di pena dopo la sentenza della Suprema Corte emessa lo scorso 20 maggio. Pasquale De Lucia, 58 anni compiuti a febbraio, si è presentato alla casa circondariale di Terni. Espletate le formalità di rito l’ex sindaco di San Felice a Cancello è stato associato alla casa circondariale. In realtà la condanna definitiva per lui è pari a sette anni e quattro mesi, in parte già scontati tra carcere e domiciliari a partire dal 30 settembre del 2016, giorno in cui i carabinieri eseguirono gli arresti nell’ambito dell’indagine per corruzione in Comune.
In carcere a Vasto invece si sono presentati i fratelli Antonio Schiavone, 60 anni e Salvatore Schiavone, di 49. Sono residenti rispettivamente ad Aversa e Casal di Principe. Anche per loro la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi. Confermata la pena di sei anni e due mesi a testa sancita dalla Corte di Appello di Napoli il tre febbraio dello scorso anno, devono scontare un residuo che al momento non è facilmente quantificabile. L’avvocato difensore parla nella migliore delle ipotesi di qualche mese di detenzione prima di avere la possibilità di chiudere misure alternative.
Antonio Schiavone, cognato dell’ex parlamentare Italo Bocchino, in passato dirigente del partito di Alleanza nazionale ad Aversa, con il fratello Salvatore e l’ex sindaco di San Felice a Cancello insieme ad altre otto persone imputate nello stesso processo dopo la sentenza in Appello hanno proposto istanza in Cassazione. Il 20 maggio scorso la decisione dei giudici della Suprema Corte che ha sostanzialmente confermato il verdetto per gli imputati (ad eccezione di Andrea De Simone e Michele Bergamo) nel procedimento scaturito dall’inchiesta in Comune a San Felice a Cancello.
Le indagini su delega della Procura di Santa Maria Capua Vetere furono condotte dai carabinieri della Compagnia di Maddaloni, allora guidati dal capitano Pasquale Puca (attualmente alla sezione antidroga del Nucleo investigativo di Roma con il grado di maggiore) fecero emergere uno squarcio di diffusa illegalità in Municipio a San Felice a Cancello. Al centro dell’inchiesta c’era lui, ex sindaco e già consigliere regionale De Lucia. Tra gli episodi inediti che emersero a suo carico anche quello relativo alla sua partecipazione in qualità “falsamente dichiarata” di sindaco del Comune (essendo in quel periodo consigliere regionale e in tale qualità non avrebbe avuto diritto di partecipare), agli incontri programmatici organizzati presso l’autorità di Bacino della Regione Campania.
Lo scopo in realtà era quello di far adottare una delibera di declassamento del vincolo idrogeologico sul terreno situato in strada provinciale via Napoli da R3 ad R2, (terreno che veniva acquistato il 28 ottobre del 2010 dai Chersoni per la realizzazione di un complesso immobiliare, previo abbattimento di un casolare ivi esistente. Altro episodio in favore della famiglie di imprenditori fu quello di intervenire presso i pubblici ufficiali dell’Asl di Arienzo in occasione di controlli presso l’esercizio commerciale bar Chersoni.
Tanto impegno (illegale) a favore dei Chersoni, quello di Pasquale De Lucia, era da ricercare nelle “reiterate concessioni di crediti, mai onorati, per importo complessivo di 15mila euro, di cui 5mila euro consistenti in prestazioni di servizio catering, organizzati dal bar in favore di Pasquale De Lucia, mentre la rimanente somma oggetto elargizione in monete contanti per giocare alle slot machine” si legge negli atti dell’inchiesta. Oltre che per De Lucia e i due Schiavone sono state dichiarate inammissibili, ma non hanno prodotto pene da scontare, anche le istanze presentata in Cassazione da Anna Maria Immacolata De Luca, Andrea De Lucia, Tommaso Fraiese (ex comandante della locale stazione dei carabinieri), Annamaria Russo, Giuseppe De Rosa, Antonio e Carlo Chersoni.