In manette il boss Sorianiello

In manette il boss Sorianiello
In manette il boss Sorianiello

NAPOLI – Un passo falso, una mossa sbagliata, una leggerezza. Tutto ciò che le forze dell’ordine attendevano da 50 giorni. Da quando, il giorno prima di San Gennaro, Simone Sorianiello riuscì a sfuggire al blitz della Dda contro la mala del Rione Traiano, rappresentata dall’organizzazione criminale che porta il suo stesso cognome, che detta legge nella zona della ‘99’. Il 29enne figlio del boss Alfredo ha concluso la sua vita alla macchia. Da qualche ora l’uomo si trova dietro le sbarre, nell’istituto penitenziario di Secondigliano. Dovrà restarci a lungo.

I carabinieri del nucleo investigativo di Napoli non hanno mai smesso di cercarlo. Gli stavano addosso da 51 giorni. E Simone Sorianiello, ritenuto ai vertici del clan che prende il suo nome, è finito in manette. Coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea, i militari hanno svolto indagini tradizionali e tecniche. Mercoledì sera lo hanno individuato in un ristorante di Portici. Sono entrati e, sotto gli occhi dei clienti, hanno ammanettato il 29enne, quindi il breve viaggio verso il penitenziario di Secondigliano.

Contestualmente, i carabinieri gli hanno notificato un ordine di carcerazione emesso dalla Corte di Appello di Napoli.  Secondo i magistrati che hanno firmato l’ordine, il 29enne dovrà scontare undici anni e otto mesi di reclusione per traffico di droga.

Erede del capoclan Alfredo ’o biondo, Simone Sorianiello è ritenuto un elemento di spicco della cupola malavitosa che insiste nel triangolo che al Rione Traiano è conosciuto come ‘99’, una delle piazze di spaccio più in voga di Napoli. Era l’alba dello scorso 18 settembre quando i carabinieri diedero esecuzione alle ordinanze emesse a carico di presunti boss e gregari del gruppo criminale. Il blitz scattò ancora era buio. I carabinieri del Nucleo Investigativo giocarono sull’effetto sorpresa, dando esecuzione al provvedimento di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli (Leda Rossetti) su richiesta della Dda, nei confronti di 26 persone (di cui tredici già detenuti, uno morto per cause naturali prima dell’esecuzione delle misure) poiché gravemente indiziati  – a vario titolo – di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione abusiva d’arma da fuoco, tutti aggravati dalle finalità di agevolazione del clan Sorianiello. Ventisei le persone arrestate, cinque indagati, due irreperibili: Sorianiello, appunto, e Simone Bartiromo, ancora oggi latitante, ritenuto deputato ai rifornimenti di stupefacenti. Le indagini, coordinate dalla Dda e condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo dal 2019 al 2021, consentirono di documentare l’appartenenza degli indagati al clan Sorianiello, rientrante nella sfera di influenza del cartello criminale dell’Alleanza di Secondigliano; il controllo da parte del clan delle piazze di spaccio di sostanze stupefacenti attive all’interno del cosiddetto parco della 99; la forza di intimidazione del clan nel controllo del territorio anche attraverso la contrapposizione armata con clan rivali; numerosi episodi estorsivi nella gestione delle attività illecite; la disponibilità da parte del clan di numerose armi da fuoco. La manovra investigativa, nel corso del tempo, consentì di identificare e trarre in arresto mandanti ed esecutori materiali dell’omicidio di Desmond Oviamwonyi e del ferimento di Morris Idahosa, maturati nel maggio del 2020 nell’ambito dello stesso contesto camorristico. Durante le operazioni, i carabinieri recuperarono 15 chili di sostanza stupefacente di vario tipo riconducibile al clan e sequestrato 24 pistole, 14 fucili da guerra, 670 munizioni di vario calibro, silenziatori e giubbetti antiproiettile tutti riconducibili alla cosca. Assalti armati, gestione delle piazze di spaccio, commercianti sotto estorsione: queste le linee guida dell’organizzazione. 

Il raid di piombo contro il capoclan Troncone

Clan Sorianiello in rotta di collisione con i Troncone di Fuorigrotta. E’ quanto emerge dall’ordinanza eseguita a settembre contro presunti boss e gregari della cosca della ‘99’ del Rione Traiano. Il provvedimento dal quale SImone Sorianiello fuggiva fino all’altra sera, quando è stato catturato in un ristorante a Portici, dopo quasi due mesi di latitanza. Le frizioni tra i clan sarebbero state provocate da un accordo tra Massimiliano Esposito, boss di Bagnoli, e Maurizio Legnante, esponente di spicco della mala di Pianura, per il controllo del territorio di Agnano. La mossa scatenò la furia di Simone Sorianiello, il quale vide nei Troncone di Fuorigrotta gli sponsor di Esposito e i responsabili del tradimento. In questo contesto di rivalità, emersero conversazioni e piani di vendetta che gettano luce sulla situazione criminale di Napoli ovest. Il 24 marzo 2021, intorno alle 13,40, fu registrata una conversazione nella quale Sorianiello e Alfonso Sorrentino, alias buttafuori, discussero dei problemi sorti nella zona di Agnano a causa del comportamento tenuto da Massimiliano Esposito ’o scognato. Le indagini, inoltre, permisero di accertare che Sorianiello ospitò nella sua residenza esponenti della malavita di Bagnoli, tra cui Pasquale Quotidiano, ex pezzo da novanta del clan D’Ausilio. In una conversazione registrata, Quotidiano avrebbe manifestato la volontà del suo gruppo di agire contro il figlio di Massimiliano Esposito, offrendo il loro sostegno per dimostrare fedeltà alla “famiglia”. Tuttavia, la complicazione principale per Sorianiello era che il rampollo di Bagnoli era sotto la protezione dei Troncone di Fuorigrotta. Di conseguenza, Sorianiello decise di inviare un “messaggio” al gruppo dei Troncone con una dimostrazione di forza, organizzando una ‘stesa’ davanti al bar di Vitale Troncone in via Caio Duilio. L’evento è stato catturato dalle telecamere e seguito da vicino dai carabinieri, grazie a uno spyware piazzato nel cellulare di uno dei boss. Il dispositivo ha registrato le minacce e le imprecazioni di uno dei membri del commando, tra cui la pianificazione di un agguato a Andrea Merolla, nipote di Vitale Troncone, ucciso l’11 novembre di due anni fa proprio in via Caio Duilio.

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