MILANO (LaPresse) – È stata incriminata e andrà a processo la studentessa svedese che lo scorso 23 luglio si rifiutò di sedersi al suo posto su un volo Gothenburg-Istanbul. Impedendo così all’aereo di partire in segno di protesta contro il rimpatrio di un richiedente asilo afghano che si trovava a bordo.
Le accuse alla ragazza svedese
Elin Ersson, 21 anni, trasmise in streaming su Facebook il video di quanto stava accadendo e quelle immagini diventarono virali. Ricevendo elogi internazionali sulla rete. Ma la procura svedese ha incriminato l’attivista per “violazioni della legge svedese relativa all’aviazione”. Perché accusata di essersi ripetutamente rifiutata di obbedire agli ordini di pilota ed equipaggio.
Si attende il processo
Il processo si terrà presso la Corte distrettuale di Gothenburg, ma al momento non è stata fissata una data. Secondo quanto riportano diversi media internazionali, in caso di condanna per queste accuse in Svezia si rischiano multe o fino a sei mesi di carcere. L’avvocato della giovane, Thomas Fridh, in una dichiarazione al New York Times afferma che le azioni della sua assistita non hanno violato alcuna legge anche perché lo ‘Swedish aviation act’ si applica soltanto alle azioni che avvengono in volo e non quando gli aerei sono a terra.
La dinamica dei fatti
Tutto avvenne a bordo di un aereo Turkish Airlines, mentre era ancora fermo all’aeroporto Landvetter di Gothenburg. “Non voglio che la vita di un uomo venga portata via solo perché voi non perdiate il vostro volo”, aveva gridato la studentessa, per difendere l’uomo afghano di 50 anni che doveva essere rimpatriato a Kabul. Alla fine il capitano dell’aereo aveva ordinato a Ersson e all’uomo di scendere dall’aereo, che era così decollato. L’uomo fu rimpatriato successivamente.
La studentessa si è opposta al rimpatrio forzato di un afghano
Secondo la polizia svedese, le indagini sono state avviate dopo che alcune persone hanno presentato denuncia dopo avere visionato il video online. In una e-mail inviata sabato al New York Times, la studentessa ha promesso che continuerà a combattere contro i rimpatri forzati in Afghanistan: “Mandare qualcuno lì in pratica significa mandarlo a morte”, afferma la 21enne. “In quanto contraria alla pena di morte, è solo giusto alzarsi in piedi per chi rischia di essere rimpatriato in un Paese in guerra”.