LUSCIANO – Il nipote Gaetano, finito ai domiciliari la scorsa settimana, che avrebbe organizzato una spedizione punitiva – dai connotati mafiosi – contro un giovane di Lusciano, dietro cui si intravede l’ombra ingombrante dello zio; Raffaele Catalano, 58enne di Trentola Ducenta, e Raffaele Visconti, 51enne di Frignano, accusati di aver prestato soldi a strozzo e minacciato le vittime, quando non restituivano celermente il denaro, evocando il suo nome: parliamo del boss Raffaele Della Volpe, storico esponente del clan dei Casalesi. E Gaetano Della Volpe, Visconti e Catalano sono i protagonisti di due recenti indagini, rispettivamente condotte da carabinieri e polizia – entrambe coordinate dalla Dda di Napoli – nate proprio mentre gli investigatori tenevano sotto controllo il mafioso da poco tornato in libertà.
Si tratta di inchieste che stanno tracciando chi, ipotizza la Procura partenopea, avrebbe orbitato intorno a Raffaele Della Volpe supportandolo nelle sue azioni criminali. Ma il lavoro degli investigatori, teso a documentare chi lo sosterrebbe, non è finito e punta ad andare oltre il nipote e i due presunti strozzini.
L’esponente del clan era uscito dal carcere nel 2023 e, ritornato in libertà, si sarebbe subito rituffato nelle attività malavitose, condotte che lo hanno rispedito in cella lo scorso luglio. E proprio dall’indagine che, in estate, ha fatto scattare il suo arresto è emerso, ritengono i carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, un potenziale appoggio all’azione delittuosa intrapresa dal boss anche da parte del fratello Luigi (già coinvolto nel 2008 in un’indagine sul clan Schiavone). Quest’ultimo, hanno ricostruito i militari, avrebbe accompagnato il boss in un sopralluogo presso la casa di un imprenditore che era sottoposto a estorsione (bisognava convincerlo a pagare). E viene intercettato anche mentre esponeva le sue intenzioni, non buone, al fratello: “Io volevo mandarlo all’ospedale, rompergli le gambe con la mazza”. E suggerisce pure, per obbligarlo a soddisfare la richiesta, di buttargli benzina dentro casa: “Quello basta che capisce il segnale”. Luigi, stando alle conversazioni captate, dà al germano proposte anche su come eseguire il raid: bisognava lasciare nei pressi dell’abitazione della vittima la tanica e portando al momento dell’operazione solo la benzina. Se stavano affrontando questi discorsi è perché, hanno ricostruito i militari, il boss aveva dubbi sul coinvolgimento di altri soggetti nell’azione intimidatoria: “Quanti meno persone lo sanno… Se non lo sa nessuno è meglio – dice Raffaele Della Volpe -. Certo – continua – mi volevo portare Alessandro, con il mezzo suo”. E Luigi si fa avanti, sarebbe stato pronto a partecipare: “Eh. O lui o vengo io”. Ma Raffaele gli risponde che non era necessario: “No, mi porto lui, tu che devi venire a fare”.
Queste intercettazioni sono contenute nell’inchiesta che ha portato il gip Marco Discepolo a disporre l’arresto di Della Volpe e di altre quattro persone (che pure avrebbero avuto rapporti con il mafioso), accusate a vario titolo di estorsione, danneggiamento seguito da incendio e usura. Luigi Della Volpe, pur essendo presente nell’inchiesta condotta dai carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, non è tra le posizioni che la Dda ha sottoposto all’attenzione del giudice, decidendo, a quanto pare, di approfondirla.
Logicamente Luigi Della Volpe è da ritenere innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile: non è da escludere che il prosieguo dell’attività investigativa vada ad accertare l’estraneità alle condotte ipotizzate dai carabinieri, considerazione che vale anche per il boss Raffaele, il nipote, Visconti e Catalano coinvolti in altre inchieste connesse sempre al mafioso.
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