VILLA LITERNO – A novembre del 2023 le perquisizioni, lo scorso settembre, invece, il decreto di sequestro, che mise sotto chiavi beni per oltre 700mila euro. E ora la richiesta di processo per chi è stato coinvolto in questa indagine. Parliamo dell’attività investigativa, condotta dalle fiamme gialle e coordinata dalla Dda di Firenze, tesa principalmente a tracciare i soldi che Vincenzo Ferri, di Frignano, alias ‘o Califfo, già a processo per concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe investito nelle società di imprenditori dell’Agro Aversano con interessi a Grosseto. Ferri e altre 16 persone affronteranno l’udienza preliminare dinanzi al giudice Sara Farini del Tribunale di Firenze ad inizio aprile.
Rischiano il rinvio a giudizio, insieme a ‘o Califfo, Francesco Fabozzo, 64enne originario di Casaluce ma da anni trapiantato a Grosseto; altri due soggetti a lui vicini: Giampaolo Ruzza, 67enne, Roberto Ghizardi, 55enne, Cristina De Santi, 54enne; Giuseppe D’Urso, 62enne (coinvolto nel 2011 nell’inchiesta ‘Apogeo’, tesa a tracciare i legami tra imprenditori e clan dei Casalesi in alcuni business nel settore dell’edilizia in Umbria); e i fratelli Angelo e Mario Russo, di Villa Literno. Nell’elenco degli imputati compaiono anche Patrizio Amore, 80enne di Roma; Andrea Assini, 53enne di Monte Argentario; Monica Del Giacco, 35enne con radici partenopee; Santina Abategiovanni, 63enne originaria di San Marcellino (consorte di Fabozzo) ma trasferitasi in Toscana, e i suoi due figli, Luigi, 38enne, e Teresa, 42enne (anche loro ora residenti in Toscana); Francesco Ferrigno, 44enne di Grosseto; Giorgio Manuzzato, 66enne di Sovizzo; e Antonio Sglavo, 46enne di Aversa, che ha messo radici in Toscana.
Ai 17, da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, vengono contestati, a vario titolo, i reati di riciclaggio, trasferimento fraudolento di beni e bancarotta (l’aggravante mafiosa non è ascritta a tutti gli imputati). Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Guglielmo Ventrone, Ferdinando Letizia, Alessandro Bertolini, Marco Florit, Giorgio Amato, Luca Vasselli e Alessandro Cerboni.
Secondo la tesi dei pm Monferini e De Gregorio, titolari dell’inchiesta, Francesco Fabozzo, con il supporto dei figli Luigi e Teresa, avrebbe impiegato denaro proveniente da presunte attività criminali condotte da Ferri, connesse al clan dei Casalesi, nella Delfa Costruzioni. Questa società, in base a quanto accertato dai finanzieri, sarebbe amministrata di fatto da Fabozzo e solo formalmente intestata a Monica Del Giacco. L
’attenzione della Dda è stata focalizzata su un versamento, tramite assegni e bonifici, di complessivi 280 mila euro da parte di società ritenute riconducibili a Ferri proprio alla Delfa.
L’inchiesta delle fiamme gialle avrebbe fatto emergere anche un giro di prestanome usati per schermare le società. Il Gico, inoltre, ha raccolto elementi anche riguardanti un’ipotesi di bancarotta in relazione alla società Riviera, con sede a Verona. A chi viene contestata? A Fabozzo, a D’Urso, a Ruzza, a Ghizzardi, ad Angelo e Mario Russo, a Manuzzato e a De Santi. Con ruoli diversi, avrebbero trasferito fraudolentemente denaro, materiali, attrezzature e contratti d’appalto di proprietà della Riviera per complessivi 4 milioni e 908 mila euro ad altre aziende. Il tutto, secondo l’accusa, sarebbe stato fatto dai fratelli Russo, da Fabozzo e da D’Urso per agevolare il clan dei Casalesi.
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