MAKASSAR – Domenica delle Palme di sangue in Indonesia. Due kamikaze, un uomo e una donna, si sono fatti esplodere davanti alla cattedrale cattolica del Sacro cuore di Gesù a Makassar, capoluogo della provincia di Sud Sulawesi, sull’isola di Sulawesi, che era affollata per la celebrazione, ferendo almeno 20 persone. A loro ha rivolto un pensiero papa Francesco, al termine della messa nella Basilica di San Pietro, prima dell’Angelus: “Preghiamo per tutte le vittime di violenza, in particolare per quelle dell’attentato avvenuto in Indonesia, ci aiuti la Madonna che sempre ci precede sul sentiero della fede”, ha detto il pontefice.
Gli attentatori suicidi sono arrivati a bordo di una moto e, quando le guardie di sicurezza della chiesa si sono avvicinate insospettite, si sono fatti saltare in aria. La polizia riferisce che i due sono morti all’istante. Un video ottenuto da Associated Press mostra resti di corpi vicino a una motocicletta bruciata all’ingresso della cattedrale. La celebrazione era finita da poco quando si è sentita la forte esplosione: erano circa le 10.30, racconta padre Wilhelmus Tulak, spiegando che un gruppo di fedeli stava uscendo dalla chiesa e un altro stava entrando. Tra i feriti ci sono quattro guardie.
La polizia ha fatto sapere che sta ancora provando a identificare i due assalitori, per accertare se fossero legati alla rete vietata Jemaah Islamiyah o se abbiano agito in modo indipendente. L’attentato, nel Paese a maggioranza musulmana più popoloso al mondo, giunge una settimana prima di Pasqua e mentre l’Indonesia è in allerta a seguito dell’arresto a dicembre di Aris Sumarsono detto Zulkarnaen, leader del gruppo militante Jemaah Islamiyah, designato gruppo terroristico da molti Paesi.
Nell’ultimo mese la squadra anti-terrorismo indonesiana ha arrestato 64 sospettati, di cui 19 proprio a Makassar, a seguito di una soffiata su possibili attacchi contro polizia e luoghi di culto. Negli ultimi 10 anni Jemaah Islamiyah è stato indebolito da una forte repressione, ma nuove minacce sono emerse da parte di militanti ‘rientrati’ che hanno combattuto con l’Isis o da persone ispirate dagli attacchi dello Stato islamico all’estero.
L’Indonesia combatte contro i militanti fin dagli attentati del 2002 a Bali, in cui furono uccise 202 persone, perlopiù turisti stranieri. Ma negli ultimi anni gli attacchi mirati agli stranieri sono stati in gran parte sostituiti da attentati più piccoli e con meno vittime che hanno preso di mira governo, polizia, forze anti-terrorismo e persone che i militanti considerano infedeli. L’ultimo grande attentato in Indonesia risale a maggio del 2018, quando due famiglie realizzarono una serie di attacchi kamikaze contro chiese nella città di Surabaya, uccidendo decine di persone.
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