Era addirittura dal marzo 1984 che l’inflazione in Italia non cresceva così tanto. Lo ha reso noto oggi l’Istat, per cui l’indice nazionale dei prezzi al consumo (al netto dei tabacchi) è cresciuto dell’11,8% ad ottobre 2022. Un aumento notevole, visibile con chiarezza anche nel dato sulla crescita mensile, che si attesta a +3,4% rispetto a settembre. Sono i beni energetici e quelli alimentari a trainare l’aumento esponenziale dei prezzi, “in un quadro di tensioni inflazionistiche che attraversano quasi tutti i comparti merceologici”, spiega l’istituto di statistica.
Gli aumenti interessano tutto il paese, per quanto a intensità variabile. I maggiori rincari, specifica uno studio dell’Unione Nazionale Consumatori, sono a Ravenna (+13,9% di maggiori spese, pari a 3.359 euro annui per una famiglia media). La città romagnola è seguita da Bologna (+13,2%, +3.293 euro) e Bolzano (+12,3%, +3.269 euro). E’ Aosta invece la città con i minori aumenti (+8,7%, +2.153 euro). Intanto, Coldiretti segnala in particolare l’aumento fortissimo dei prezzi della verdura, che segnano una crescita record del 25,1%.
Scontata la dura reazione delle associazioni dei consumatori. Sempre per l’Unione Nazionale Consumatori si tratta di “una sciagura per chi si sta svenando per arrivare a fine mese”, a cui il governo dovrebbe rispondere con interventi immediati, “come detassare la tredicesima, dare un bonus di 600 euro a chi guadagna meno di 35 mila euro, azzerare l’Iva sulle bollette di luce e gas di questo quarto trimestre”. Per il Codacons siamo invece di fronte a “un’emergenza nazionale che mette in serio pericolo i prossimi consumi di Natale”, mentre Assoutenti invita l’esecutivo a “tagliare l’Iva sui generi alimentari almeno fino al termine dell’emergenza”. Federconsumatori punta il dito proprio contro il governo, bollando come “insufficienti” le risposte contenute nel Dl Aiuti quater, mentre Confesercenti chiede di “trasformare i fringe benefits in una tredicesima bis” al fine di ridare fiato ai consumi.
Intanto la Banca Centrale Europea, per voce del suo vicepresidente Luis De Guindos, sottolinea i rischi per la stabilità finanziaria legati all’aumento dei prezzi. La spinta al rialzo dei tassi da parte delle autorità monetarie, necessaria al fine del controllo dell’inflazione, rende infatti “più probabile una recessione tecnica nell’Eurozona”. E nella sua lectio magistralis su ‘Inflazione e politica monetaria’, tenuta alla Camera dei Deputati il governatore di Bankitalia Ignazio Visco invita a valutare con attenzione le risposte da mettere in campo. Ricordando che l’aumento dei prezzi è dovuto per due terzi alla crescita dei costi dell’energia, e sottolineando “una generale sottovalutazione dell’evoluzione geopolitica” da parte di esperti e mercati, Visco trova necessario evitare l’avvio di una spirale prezzi-salari, che potrebbe condurre a “una dinamica inflazionistica ben superiore a quella coerente con la stabilità monetaria”, e dunque amplificare “gli effetti negativi sull’economia”. Nessun dubbio invece sulla necessità “di continuare l’azione restrittiva” sui tassi, anche se “le ragioni per attuare un approccio meno aggressivo stanno guadagnando terreno”.
Di Michele Mastandrea