di Redazione economia
MILANO (AWE/LaPresse) – “Sono estremamente arrabbiato, con tutti”. E’ la prima reazione a caldo di Marco Colombo, presidente di Aime agroalimentare (Associazione imprenditori europei), alla possibile scelta di Onu e Oms di tassare cibo considerato non sano proveniente dall’Ue. In un report del mese scorso, ‘Time To Deliver’, l’Oms presenta una serie di possibili raccomandazioni ai Paesi per ridurre l’impatto negativo per la salute dei cibi ricchi di sale, zuccheri e grassi saturi e migliorarne la regolamentazione. Da qui la possibilità di una maggiore tassazione per i prodotti considerati nocivi, come già avviene per alcol e tabacchi. Il tema verrà affrontato il prossimo 27 settembre, quando all’Onu si discuterà di malattie non trasmissibili. Secondo Colombo, per quanto riguarda l’Italia a essere minacciati “sarebbero i 41 miliardi di fatturato dell’export di prodotti come formaggi e salumi Made in Italy”.
Quali potrebbero essere le conseguenze di una possibile risoluzione contro cibi considerati poco sani?
L’impatto sarà devastante, perché si attaccano prodotti come il Parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma, l’olio nazionale. Stiamo parlando di quasi il 40% dell’export internazionale. In termini nazionali si tratta delle realtà più performanti a livello economico con un numero di addetti che supera ampiamente le 100mila persone.
Lo vede come un attacco diretto al cibo italiano?
Non è una lotta contro il cibo italiano, che l’Oms aveva definito addirittura una panacea per alcune malattie come il diabete e l’ipertensione. E’ una vera battaglia nei confronti della nostra sovranità nazionale, delle nostre tradizioni e della nostra cultura. E un attacco anche nei confronti proprio della dieta mediterranea e di tutta la varietà dei nostri cibi, che sono unici al mondo.
L’Italia sarebbe la più colpita?
Noi rappresentiamo in Europa quasi l’80% delle origini protette, quindi dei prodotti certificati. Nel 2017 sono stati esportati 41 miliardi di euro di cibo italiano nel mondo. Per me è un tentativo di indebolire l’ultimo baluardo del Made in Italy, l’agroalimentare.
C’è poi il fenomeno dell’italian sounding a minacciare i prodotti italiani
Certo. A fronte dei 41 miliardi di cibo italiano esportato nel mondo, l’italian sounding, ciò che suona italiano ma non lo è, vale 100 miliardi di euro. Una partita che in totale quindi vale 150 miliardi di euro. La nostra battaglia è quella di essere tutelati nel mondo per non far sì che vengano utilizzati brand, suoni, immagini che ricordano il prodotto italiano senza esserlo. Non c’è nessuna tutela internazionale.
Quali sono i prodotti più colpiti?
L’Italian sounding tocca per primi prodotti come il Parmigiano reggiano, con il ‘Parmesan’ o ‘Reggianito’, ma anche il gorgonzola, che genera un fatturato annuo nell’ordine dei 300 milioni l’anno, e le passate nazionali che vengono scopiazzate con lattine che ricordano città italiane, tipo ‘Napulè’. Non è soltanto un ‘errore’ internazionale, ma anche dei nostri commercianti, che a volte utilizzano passate cinesi. La scopiazzatura è anche di alcuni nostri imprenditori truffaldini. Alla politica chiediamo meno slogan e più rappresentanza nel mondo.