Ispettore della Penitenziaria al carcere di Secondigliano trovato morto a Sessa Aurunca. NOME E FOTO

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Giorgio Mercurio

NAPOLI – Si è concluso con una dolorosa verità il mistero del cadavere ritrovato lo scorso 25 settembre nei pressi del cimitero a Sessa Aurunca, in una zona appartata e silenziosa. Il corpo, rinvenuto impiccato a un albero, apparteneva a Giorgio Mercurio (nella foto), 63 anni, originario di Napoli ma residente a Casagiove, in provincia di Caserta. Dopo giorni di indagini e accertamenti, i carabinieri sono riusciti a dare un nome e un volto alla vittima, grazie anche all’aiuto dei colleghi dell’uomo. Mercurio era un ispettore della poli- zia penitenziaria in servizio presso il carcere di Secondigliano, a Napoli. Figura nota e rispettata nell’ambiente penitenziario, aveva dedicato gran parte della sua vita professionale alla sicurezza e alla gestione degli istituti di detenzione. Il suo volto è stato riconosciuto da alcuni colleghi che, vedendo la foto diffusa dai carabinieri per facilitarne l’identificazione, hanno immediatamente segnalato la corrispondenza.

Il ritrovamento del corpo aveva destato scalpore e inquietudine. Il luogo del gesto – un’area nei pressi del cimitero, lontano da sguardi indiscreti – e l’assenza iniziale di documenti o elementi identificativi avevano reso difficile il lavoro degli inquirenti. Solo grazie alla collaborazione tra le forze dell’or- dine e il personale del sistema penitenziario si è potuto arrivare, nei giorni successivi, all’identità della vittima. Le circostanze del ritrovamento lasciano pochi dubbi sulla natura del gesto: tutto farebbe pensare a un suicidio. Resta ora da chiarire cosa abbia spinto un uomo di 63 anni, apparentemente integrato e con una carriera alle spalle, a togliersi la vita in maniera tanto drammatica. Gli inquirenti, come da prassi, non escludono alcuna ipotesi, ma al momento l’ipotesi prevalente è quella del gesto volontario. Il mondo della polizia penitenziaria è stato scosso dalla notizia. Non solo per la tragica scomparsa di un collega, ma anche per ciò che questa vicenda potrebbe sottendere. Il lavoro all’interno degli istituti di pena è noto per la sua durezza psicologica, la pressione costante, il confronto quotidiano con situazioni limite. Negli ultimi anni, non sono mancati casi simili che hanno coinvolto appartenenti alle forze dell’ordine penitenziarie, facendo emergere la necessità di maggiori tutele e supporti psicologici per il personale.

Non è ancora noto se Mercurio stesse attraversando un momento particolarmente difficile, né se avesse lasciato messaggi o segni in grado di spiegare le sue motivazioni. La famiglia, comprensibilmente provata dal dolore, ha chiesto il massimo riserbo. Il comando della polizia penitenziaria ha espresso il proprio cordoglio, ricordando l’uomo come un professionista serio e affidabile, con una lunga carriera alle spalle. L’identificazione del corpo chiude un cerchio investigativo, ma apre una riflessione più ampia sulle condizioni di vita e di lavoro di chi, ogni giorno, opera in contesti difficili e spesso dimenticati. Il dramma di Giorgio Mercurio lascia un vuoto non solo tra i suoi cari, ma anche tra i colleghi che ora si interrogano su quanto, forse, si sarebbe potuto fare per evitare questa tragedi

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