MILANO – La denatalità segna un altro record negativo: come registra l’Istat, nel 2020 ci sono state 404.892 nascite, un calo di 15mila unità rispetto al 2019. La flessione è stata del 2,5% nei primi dieci mesi dell’anno, con una picchiata dell’8,3% a novembre rispetto allo stesso mese del 2019, dato che scende fino al meno 10,7% a dicembre, due mesi in cui si cominciano a notare le nascite concepite all’inizio dell’ondata epidemica.
Per il 2021 i dati disponibili sono provvisori, ma restituiscono un quadro dall’uguale tendenza. Tra gennaio e settembre ci sono stati 12.500 nati in meno, quasi il doppio di quelli che si erano registrati nello stesso periodo del 2020. Il numero medio di figli per donna scende nel 2020 a 1,24, rilevato sul totale delle residenti, dall’1,44 registrato tra il 2008 e il 2010, anni caratterizzato da un massimo relativo della fecondità. Dal 2008 – spiega l’Istat – le nascite sono diminuite di 171.767 unità, il 29,8% in meno. Il calo è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani: 316.547 nel 2020, oltre 163 mila in meno rispetto al 2008.
Calano soprattutto i primi figli, che rappresentano il 47,5% del totale dei nati. Tra le cause che l’Istat rileva, la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine, dovuta a sua volta a fattori: si allungano i tempi di studio, si ritarda l’ingresso nel mondo del lavoro e si fa più difficile la stabilizzazione. Pesa anche l’accesso al mecato immobiliare e una tendenza di lungo periodo alla bassa crescita economica.
Per la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli, presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, “i dati Istat ci restituiscono un quadro estremamante preoccupante dal punto di vista demografico: il 2020 è stato il dodicesimo anno consecutivo di calo delle nascite”. Ronzulli sottolinea come abbia influito “anche la pandemia che, anche a causa delle sue ripercussioni economiche, ha creato paura, incertezza e instabilità, soprattutto nelle giovani coppie”. La deputata poi fa un appello al bisogno di rispondere con forza a questo crollo della natalità, la famiglia è il fulcro della società e deve tornare a essere centrale attraverso politiche di sostegno mirate. Chi decide di mettere la mondo un bambino ha bisogno di stabilità, di vedersi facilitato l’accesso al credito per acquistare una casa e le donne devono essere incentivate a lavorare, non costrette a licenziarsi perché altrimenti non sanno a chi lasciare i figli. Un Paese in cui non si fanno bambini è un Paese destinato a impoverirsi e questa tendenza deve essere urgentemente invertita perché il crollo delle nascite minaccia il nostro futuro”.
Non è molto diverso il giudizio di Daniela Ruffino, deputata di Coraggio Italia: “Anche quest’anno i dati sulla denatalità in Italia sono impietosi”. Ed è necessario “correre ai ripari, non è più soltanto un segnale auspicabile, ma un doveroso impegno di cui deve farsi carico la politica”. Secondo Ruffino, “è chiaro che per farlo in maniera esaustiva e concreta è necessario cambiare passo su tutta una serie di servizi, a cominciare dalla carenza cronica di asili nido. Il governo deve intervenire sul tema prima possibile. Intervento che deve andare di pari passo con una chiara politica per il lavoro femminile che metta sul piatto tutta una serie di garanzie: non è possibile che le donne, tanto per cambiare le più penalizzate durante la pandemia si trovino ancora oggi in molti casi a dover decidere se avere figli o mantenere un posto di lavoro”.
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