ROMA (LaPresse) – L’analisi congiunta dei tempi di uscita dalla famiglia di origine e delle motivazioni suggerisce che la posticipazione della transizione allo stato adulto ha sempre più un carattere strutturale. Il prolungamento dei percorsi di istruzione e formazione, le difficoltà nell’inserimento e nella permanenza nel mercato del lavoro. Nonché il conseguente ritardo dell’uscita dalla famiglia di origine e della formazione di un nuovo nucleo hanno determinato il cronicizzarsi di questo fenomeno. E’ quanto rileva l’Istat nel Rapporto annuale 2019.
Le differenze generazionali indicano un incremento dell’età mediana all’uscita. Da circa 25 anni per i nati nel Secondo dopoguerra a circa 28 anni per la generazione degli anni Settanta. Nel 2016 è uscito dalla famiglia di origine il 43,3% dei giovani di 20-34 anni (46,3% nel 2009). L’uscita dalla famiglia di origine non comporta necessariamente la formazione di un’unione. Vive in coppia, da coniugati e non, solo il 29,1% dei giovani tra i 20 e i 34 anni, una percentuale molto più bassa rispetto al 1998 (37,9%).
La posticipazione nella formazione di una propria famiglia e nell’avere figli è più evidente nella fascia di età 30-34 anni, in particolare nella popolazione femminile. Nel 2016 è uscito dalla famiglia di origine il 78,4% delle donne contro il 65,1% degli uomini.