Istat: Pil 2018 a +1,4%, ma rischi; produttività metà di big Ue

In foto Giorgio Alleva

Milano, 22 mag. (LaPresse) –

L’Istat non fa marcia indietro rispetto alle previsioni di novembre e per il 2018 stima una crescita del Pil italiano dell’1,4% dopo l’1,5% del 2017.

Nel report sulle prospettive dell’economia del Belpaese per l’anno in corso, l’istituto di statistica spiega che il quadro attuale presenta “alcuni rischi al ribasso” su commercio internazionale e prezzi del petrolio. Buone prospettive invece per quanto riguarda la disoccupazione, destinata a diminuire, anche se lentamente, fino al 10,8%, nonostante l’Italia resti indietro per produttività rispetto agli ‘big’ Ue.

Secondo l’Istat il Pil è minacciato da una “più moderata evoluzione del commercio internazionale” e un aumento “più accentuato del prezzo del petrolio”. Gli effetti di uno scenario con un “rallentamento del commercio mondiale, pari a 0,5 punti percentuali associato ad un incremento del 10% del prezzo del Brent”, porterebbero a una minore crescita del Pil pari a “0,2 punti percentuali”, quindi all’1,2%.

La crescita sarà sostenuta dall’andamento positivo della domanda interna. Il contributo dei consumi alle famiglie segnerà una lieve riduzione, rallentando all’1,2%, ma sarà bilanciato dall’aumento degli investimenti. Ritmi lievemente più accentuati riguarderanno il processo di ricostituzione dello stock di capitale, sostenuto sia dalle misure di politica economica sia dalle condizioni favorevoli sul mercato del credito per il proseguimento della politica espansiva della Bce. La crescita dei consumi continuerà invece a essere supportata dai miglioramenti del mercato del lavoro.

Le buone notizie riguardano innanzitutto l’occupazione, che registrerà un aumento dello 0,8% in termini di unità di lavoro. Mentre una “progressiva, ma lenta” diminuzione del tasso di disoccupazione non garantirà all’Italia di stare al passo con l’Europa. La produttività del Belpaese, infatti, salirà dello 0,6% a fronte di un aumento dell’1,3% per la Germania e dell’1,2% per la Francia. Secondo l’istituto di statistica, il divario sottolinea la necessità di politiche e strategie d’impresa in grado “di accelerare la transizione del sistema produttivo italiano verso un modello di sviluppo basato sulla conoscenza”, attraverso una spinta verso digitale e all’innovazione e “una maggiore valorizzazione del capitale umano”.

I numeri non rassicurano consumatori e commercianti. Per Federconsumatori le previsioni dell’istituto di statistica non trovano riscontro con l’economia reale e sono “ancora numerose” le famiglie che “vivono ancora in situazioni di profondo disagio”. Inoltre, secondo l’associazione, “la mancanza di lavoro continua a rappresentare il nodo della questione. Anche per Confesercenti “la ripresa rallenta” e rischia “di incepparsi” se “non verranno disattivate le clausole di salvaguardia”. L’associazione afferma che se le aliquote Iva aumentassero si perderebbero circa 11 miliardi e mezzo di crescita. La Coldiretti sostiene che gli aumenti dell’Iva rischiano “di alimentare una spirale recessiva in una situazione segnata dalla frenata nella crescita dei consumi e dalle prospettive dell’inflazione in ripresa”.

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