ROMA – Kiev annuncia l’arrivo dei lanciarazzi Himars. Mosca: “Pace alle nostre condizioni”. La situazione per le forze ucraine nel Donbass è “difficile”. Anche se le truppe di Kiev dicono di voler “tenere duro” l’avanzata russa, pur lentamente, prosegue. La battaglia imperversa nella regione di Luhansk, specie nella città di Lysyschank. I filorussi annunciano che l’intero territorio sarà liberato “presto”, ma a cambiare i loro piani potrebbero essere le nuove armi inviate dagli Stati Uniti. Il ministro della difesa di Kiev, Oleksii Reznikov, fa sapere che i lanciarazzi americani Himars sono arrivati in Ucraina prevedendo “un’estate calda per gli occupanti russi”. Si tratta dell’arma più potente mai consegnata a Kiev con una gittata sensibilmente superiore a quella degli obici M177 da 155 millimetri. Il carico giunto alle forze armate ucraine potrebbe essere solo il primo visto che Joe Biden fa sapere di voler inviare altri sistemi militari per un valore di circa 500 milioni di dollari.
Il Cremlino si dice “attento” all’utilizzo delle armi occidentali da parte di Kiev e torna a dettare le sue regole per la pace. “E’ possibile dopo che l’Ucraina avrà soddisfatto tutti i requisiti della parte russa”, dice il portavoce Dmitry Peskov specificando che Kiev “sa tutto molto bene”. Il presidente Zelensky parla di una tattica “primitiva” da parte dei militari di Mosca che “stanno distruggendo e devastando completamente” il territorio Ucraino. Il governatore di Sumy, regione al confine con la Russia, denuncia l’utilizzo di munizioni al fosforo mentre i missili cadono anche sulla città portuale di Mykolaiv.
Vladimir Putin intanto continua a tessera la sua tela diplomatica intervenendo al vertice dei paesi Brics. Per il presidente russo “la complessità e la natura transnazionale delle sfide e delle minacce che la comunità internazionale deve affrontare richiedono la ricerca di risposte collettive”. Una sponda al pensiero di Putin arriva da Xi Jinping. Il leader cinese sottolinea la necessità di rifiutare una “mentalità da guerra fredda” e si oppone alle “sanzioni unilaterali”. La contrapposizione futura – secondo la visione di Pechino – è quella fra “piccoli circoli costruiti attorno all’egemonismo” e “una grande famiglia” dove condividere “un futuro di comunità”.
Per Mosca il colpevole di quanto sta accadendo nel mondo, dalla crisi alimentare a quella del gas, resta l’Occidente verso il quale si scaglia violentemente ancora una volta il ‘falco’ Dmitry Medvedev. Questa volta il vice presidente del Consiglio di sicurezza della Russia se la prende con il “basso livello” dei politici attuali in un Europa dove “non c’è più traccia” di personaggi del livello di Helmut Kohl, Jacques Chirac o Margaret Thatcher. Un discorso – a dire del politico russo – che vale anche per l’Italia dove “senza offesa per nessuno” è “chiaro a tutti che Mario Draghi non è Silvio Berlusconi”.
(Andrea Capello – LaPresse)