SEATTLE – “Ricorda, meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”. Sono passati 25 anni da quella frase, inserita in un agghiacciante lettera d’addio che Kurt Donald Cobain, frontman dei Nirvana, aveva lasciato annunciando il suicidio. L’aveva letta ai fans la moglie Courtney Love sotto choc come tutti gli amanti della musica alla notizia che il giovanissimo Kurt, allora 27enne, aveva deciso di farla finita.
Kurt Cobain fu genio e sregolatezza
Una vita passata a far sognare milioni di amanti di un rock alternativo che ha visto i natali proprio con i Nirvana. Una vita, però, contraddistinta da dipendenze e da malesseri fisici e psicologici che lo hanno portato a dire addio a tutti. Kurt Cobain è però rimasto nella storia con il suo sguardo malinconico, sofferente, e con quella voce roca unica, inconfondibile. Come non ricordare la sua straordinaria performance live nel programma ‘MTV unplugged’ dove, chitarra e voce, aveva fatto sognare centinaia di ragazzi che lo avevano avvolto in un virtuale abbraccio. Aveva tutto in quella voce Kurt, dalle sue canzoni e dal suo modo unico di interpretarle traspariva il dolore e la disperazione di un animo fragile che non aveva mai conosciuto la felicità.
Le fobie, le ossessioni e una morte arrivata troppo presto
Perché, tra un concerto e l’altro, la sua vita è stato un andirivieni tra cliniche di riabilitazione e ospedali segno che il suo ‘io’ era già distrutto nonostante le folle lo acclamassero ovunque. Già, quelle folle di cui lui aveva una vera e propria fobia, che vedeva quasi come un ostacolo insormontabile per la paura di deludere chi invece lo amava come lui amava la sua musica. Quella musica che, però, non l’ha salvato. Come non l’ha salvato la nascita della figlia Frances, una gioia incredibile per lui che aveva avuto un’infanzia infelice dalla quale evidentemente non è mai riuscito a staccarsi. E allora ecco quel gesto estremo, assurdo, inspiegabile, che lo ha consegnato però all’eternità.