L.elettorale: avvio cantiere agita i partiti. Stop della Lega: “No al cambio delle regole a fine partita”

Il gioco di specchi sulla legge elettorale è ufficialmente iniziato e la partita è doppia, perché riguarda sia le coalizioni - centrodestra da una parte e 'campo largo' dall'altra - sia le singole forze politiche e i rapporti di forza all'interno dei rispettivi schieramenti.

Roberto Calderoli

ROMA – Il gioco di specchi sulla legge elettorale è ufficialmente iniziato e la partita è doppia, perché riguarda sia le coalizioni – centrodestra da una parte e ‘campo largo’ dall’altra – sia le singole forze politiche e i rapporti di forza all’interno dei rispettivi schieramenti. Ad aprire le danze un primo contatto, iniziato dopo le Amministrative, tra Pd e Lega. Dal confronto tra il dem Dario Parrini e Roberto Calderoli, da sempre uomo del Carroccio sul dossier, è emersa l’ipotesi di superare il Rosatellum con un sistema proporzionale con soglia di sbarramento che abbia però anche un premio di governabilità per la coalizione che raggiunge una certo livello di consensi (si parla del 40-45%). La proposta avrebbe in sé il vantaggio di mandare in soffitta i collegi che – sono certi gli addetti ai lavori – “sono un problema sia a destra che a sinistra perché vanno ‘spartiti’ in base ai sondaggi e, complice anche la riduzione del numero dei parlamentari, la coperta è sempre troppo corta”.

La presunta accelerazione per un premio alla coalizione, però, agita il M5S, sostenitore di un proporzionale puro con sbarramento (il cosiddetto ‘Brescellum’ tentato ai tempi del Governo Conte 2) e i Dem allora rallentano. Per superare il Rosatellum servono le intese “più larghe possibili. Niente blitz parlamentari, forzature o fughe in avanti – è il ragionamento del Nazareno – ma una discussione ampia e approfondita con tutte le forze politiche e parlamentari disponibili a discutere”. Allo stato attuale non esiste una singola e specifica proposta del Pd, viene ribadito, ma una volontà e una disponibilità ad essere protagonista del percorso di riforma insieme a chi condivide questa necessità. Le trattative, in ogni caso, sono in corso su più fronti, con la consapevolezza, chiara ai piani alti del Pd, che una nuova legge elettorale “non risolverebbe di per sé i problemi politici, è solo uno strumento. Per risolvere problemi politici servono risposte politiche”. Le capigruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi lo dicono chiaro: “Per noi è importante cambiare una pessima legge elettorale e crediamo che per riformarla sia indispensabile il coinvolgimento di tutte le forze politiche in Parlamento”, mettono nero su bianco in una nota, ma poi è il Carroccio a chiamare l’alt. “Le regole del gioco non si cambiano a fine partita. Inutile perdere tempo, il centrodestra è già al lavoro per costruire programma e squadra di governo, chissà se Pd e 5Stelle sapranno fare altrettanto”, fanno filtrare a sera fonti della Lega.

E se FI rimane “fedele” agli impegni presi nel corso degli ultimi vertici di centrodestra, puntando ancora sul sistema maggioritario (“non ci sono i tempi e gli spazi, né la necessità di cambiare la legge attuale”, filtra da Arcore) FdI resta alla finestra, in attesa di capire quali siano le reali intenzioni del Carroccio: “Pd e M5S vogliono il proporzionale, o comunque una legge che non mandi al governo il centrodestra – è la linea – noi avevamo proposto di correggere il Rosatellum mantenendo intatto il sistema dei collegi e facendo impattare la riduzione del numero dei parlamentari solo sulla parte proporzionale, questa sì sarebbe una spinta maggioritaria”.

C’è poi il capitolo che riguarda la scelta degli eletti a far discutere.

FdI da sempre preme per le preferenze, ma nel centrodestra non tutti sono d’accordo e in ogni caso in tanti temono per la possibile concorrenza di tanti amministratori locali arrivati al termine del secondo mandato, pronti quindi a sbarcare in Parlamento. Nei corridoi del palazzo c’è quindi anche chi pensa ad un’accelerazione della riforma che consentirebbe un terzo giro con la fascia tricolore ai sindaci dei piccoli comuni, ma anche in questo caso non c’è identità di vedute. “Non c’è tempo per cambiare le regole dei Comuni, siamo a fine legislatura – confida un parlamentare esperto, membro della commissione Affari costituzionale – e se la Lega non cede non si cambia nemmeno la legge elettorale”. “Se vogliono fare il minor party della Meloni, non si cambia – provoca su Twitter il coordinatore dei sindaci Dem, Matto Ricci – Se invece vogliono rigenerare e europeizzare il sistema, si va sul proporzionale con sbarramento al 5%. In più doppia preferenza di genere. Chi conosce oggi i parlamentari?”.

di Nadia Pietrafitta

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