CASAPESENNA – Quando c’era Nicola Schiavone, la bisca grazzanisana era ‘cosa’ di Sandokan. Fino al 2010 sarebbe stato il figlio del capoclan a finanziarla. Ma dopo il suo arresto, la gestione dei ‘tavoli verdi’ passò alla cosca di Casapesenna. A raccontarlo al pm Maurizio Giordano è stato Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria: “Paolo Gravante non poteva fare più la giocata, perché non c’era più chi metteva i capitali. Io – ha riferito il pentito la scorsa settimana – avevo già una certa importanza (nel clan, ndr.), così mi avvicinò e mi fece questa proposta. Voleva riaprire la bisca, però chiedeva di essere tutelato. Ed io gli dissi: ‘Paolo, non ci stanno problemi, la possiamo organizzare’. Giornalmente servivano minimo sette, ottomila euro’.
La somma, ha spiegato l’ex affiliato, veniva consegnata da lui a Gravante: “Servivano per pagare i vincenti. Poi quelli che perdevano avevano il debito nei nostri confronti. Se erano duemila euro, si aspettava il giorno dopo e li portavano o con assegno o in contanti. Maggiormente le vincite, però, venivano pagate con assegni. La persona che doveva fare l’assegno metteva l’importo e la firma, però, non lo intestava. Pensavamo noi a chi li doveva incassare”. E tra gli imprenditori che si ‘prestavano’ a riscuotere i titoli di credito, ha aggiunto il pentito, c’era Giovanni Fulco: “Era un autotrasportatore, aveva un rapporto di amicizia, frequentavo casa sua e gli chiedevo questa cosa. Aveva una società. Lui mi chiedeva protezione dagli altri clan”. Ad aiutarlo nella ‘giocata di Grazzanise’ ci sarebbe stato anche Salvatore Carlino: “Lo conosco da quando ero piccolo. Dato che sulle’carte’ non sono troppo esperto, non sono mai stato un giocatore, chiesi a lui. Dissi: ‘Salvatò, dobbiamo fare questa cosa, ‘sta giocata, mi vuoi dare una mano? […] Visto che non andavo a casa di Gravante (dove si teneva la bisca, ndr.) incaricavo Carlino: ‘Guarda, prendi contatti con Gravante, vai tu sulla giocata’. Per evitare di andarci io, perché mi conoscevano tutti”.
Parte dei guadagni, ha chiarito il pentito, venivano ‘spartiti’ tra le cosche di Sandokan (perché storicamente presente a Grazzanise) e di Capastorta: “Duemila euro venivano dati agli Schiavone, mille agli Zagaria”. Ciccio ‘e Brezza consegnava i quattrini a Michele Fontana ‘o sceriffo: “Mandava lui la parte a Francesco Camardone e a Carmine Schiavone, fratello di Nicola”. Ad incassare i proventi non erano solo le casse dei due gruppi mafiosi. “Gli altri – ha aggiunto il collaboratore – ci guadagnavano la ‘tassa’ che si pagava: 100 euro a giocatore ogni due ore. Questo era un introito nostro, cioè mio, di Gravante e Carlino”.
Il ‘tema bisca’ è stato affrontato da Zagaria durante il processo, in corso a Napoli, dinanzi al giudice Lucia De Micco, nel quale è accusato di associazione mafiosa, tentata estorsione in concorso con Giuseppe Garofalo e Salvatore Buonpane, intestazione fittizia di beni con Domenico Farina, e riciclaggio con Gravante , Carlino e Fulco. Con loro a giudizio c’è anche Carolina Palazzo, moglie del capozona Antonio Mezzero. La donna risponde di ricettazione: “Prima ancora dell’arresto di Michele Zagaria la signora mi disse che non arrivavano i soldi dal clan Schiavone. Parecchie volte (fino al 2012, ndr.) sono intervenuto avvisando i fratelli di Michele Zagaria, Carmine e Antonio, e ho portato io in varie circostanze i soldi alla signora. A volte prendevo il denaro i dalle slot per consegnarli e poi avvisavo Garofalo. Dicevo: ‘Giovanni ho dato duemila euro alla signora che non se ne poteva fare a meno, quindi avvisa tu a chi devi. Erano decisioni che potevo prendere perché l’amicizia tra Zagaria e Mezzero dura da anni”.
In alcune occasioni, la ‘mesata’ del clan sarebbe stata consegnata dal neo-pentito anche a Giuseppe Mezzero (estraneo all’inchiesta), fratello di Antonio.
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Nel corso dell’ultima udienza, celebrata lo scorso 21 novembre, il pm ha formulato nuove accuse a Fulco e Farina. Al primo, già a giudizio per riciclaggio, la Dda ha contestato l’aggravante mafiosa, al secondo, invece, il reimpiego di capitali illeciti (reato aggravato dall’aver agevolato il clan dei Casalesi). A determinare ‘le modifiche’ alle imputazioni è stato proprio il pentimento di Francesco Ciccio ‘e Brezza Zagaria. I due, assistiti dagli avvocati Giuseppe Stellato e Pasquale Davide De Marco ora potranno valutare se continuare il rito abbreviato con gli altri imputati o, preso atto della modifica dell’imputazione, affrontare il dibattimento. La questione sarà affrontata in tribunale giovedì prossimo. Nel collegio difensivo anche gli avvocati Mario Mangazzo, Paolo Raimondo, Paolo Caterino, Matteo Mirra ed Angelo Raucci.
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