WASHINGTON – C’è la ‘mano’ Putin: per Roberto Mueller, special counsel, dodici funzionari russi avrebbero influenzato il voto del 2016 che ha eletto Trump presidente Usa. Accuse pesanti, stavolta messe nero su bianco, dettagliate e contenute in ventinove pagine. Quel documento, redatto dall’intelligence a stelle e strisce, incrimina formalmente i militari del Gru (i loro colleghi di Mosca).
L’indagine
Gli indagati, sostiene lo special counsel, avrebbero messo in atto una guerra informatica contro gli Stati Uniti: l’obiettivo sarebbe stato “diffondere sfiducia” nei confronti del sistema classico sistema politico.
Danneggiare la Clinton
L’obiettivo, sostiene l’accusa, era danneggiare Hilary Clinton, l’avversaria alla presidente di The Donald. Rudolph Giuliani, avvocato di Trump, ha dichiarato che l’inchiesta dimostra l’estraneità degli americani nella vicenda. La linea dell’inquilino della Casa Bianca, d’altronde, è stata la stessa sin dall’inizio: noi (loro) erano all’oscuro di tutto. In quelle carte, però, emerge che i funzionari incriminati del Gru sarebbero stati in contatto proprio con un americano: si tratterebbe di Roger Stone, lobbista e collaboratore di Trump durante la campagna elettorale che lo ha incoronato presidente.
Le accuse oltre a scombussolare la politica interna fisiologicamente vanno a complicare anche i rapporti diplomatici di Trump, già ondivaghi, con la Russia. L’ultima tappa del presidente, salvo colpi di scena, dovrebbe essere proprio Putin (lunedì, in Finlandia). Al momento, però, dal Cremlino non è arrivato nessun commento ufficiale sulla vicenda.