L’Aquila, il Papa saluta gli abruzzesi: “Siete resilienti”. E in dialetto esorta: “Jemo ‘nnanzi”

L’Aquila, dopo il devastante sisma del 2009, va ricostruita.

Foto Vatican Media / LaPresse in foto Papa Francesco

L’AQUILA – L’Aquila, dopo il devastante sisma del 2009, va ricostruita. Non solo dal punto di vista fisico – “case, scuole, chiese” – ma anche e soprattutto da quello “spirituale, culturale e sociale”. Una ricostruzione da realizzare “in sinergia, delle istituzioni e degli organismi associativi: una concordia laboriosa, un impegno lungimirante. Perché stiamo lavorando per i figli, per i nipoti. Per il futuro”. Papa Francesco è arrivato nella città abruzzese ferita dal terremoto, parlando di dolore, sì. Ma anche di speranza. E la sua visita, ufficialmente in occasione dell’apertura della Porta Santa e l’inizio del Giubileo celestiniano, è anche un’occasione per riaccendere i fari su una città cristallizzata da anni tra le macerie, dove i lavori di riedificazione stentano a decollare.

“Vi ringrazio per la vostra testimonianza di fede”, ha detto il Santo Padre rivolgendosi alle famiglie delle vittime del sisma – che ha strappato alla vita 309 persone – e che erano ad attenderlo in prima fila in una Piazza Duomo gremita di gente, nonostante il freddo delle prime ore del mattino. “Pur nel dolore e nello smarrimento che appartengono alla nostra fede di pellegrini, avete fissato lo sguardo in Cristo, crocifisso e risorto, che con il suo amore ha riscattato dal non-senso il dolore e la morte”, ha voluto sottolineare il Pontefice che poi ha scandito: “La morte non può spezzare l’amore”.

Nonostante la sofferenza e la devastazione, qui le persone si sono fatte forza e sono andate avanti. “Voi, gente aquilana, avete dimostrato un carattere resiliente”, ribadisce il Pontefice. Un temperamento “radicato nella vostra tradizione cristiana e civica, ha consentito di reggere l’urto del sisma e di avviare subito il lavoro coraggioso e paziente di ricostruzione”. E, sorridendo, esorta in dialetto: “Jemo ‘nnanzi”. Andiamo avanti, appunto.

Arrivato questa mattina all’Aquila in elicottero, intorno alle 8.30, l’atterraggio inizialmente previsto allo stadio Gran Sasso è stato poi spostato al campo di Atletica in piazza d’Armi a causa della nebbia. Giunto poi in piazza Duomo su una Fiat 500 L, rigorosamente bianca, ad attenderlo c’erano il Cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, il sindaco Pierluigi Biondi, e il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio. E poi, sparsi nei vari punti della città, oltre 12mila persone.

Dopo l’evento in piazza Duomo e la  visita – con tanto di caschetto antinfortunistico dei vigili del fuoco – della cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio, Duomo dell’Aquila, seriamente danneggiata dal sisma, il Pontefice si è spostato nella Basilica di Santa Maria in Collemaggio, per la messa prima dell’apertura della Porta Santa. “Voi avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi”, ha sottolineato Bergoglio durante l’omelia, spiegando però che “chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria”.

dall’inviata Giusi Brega

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