ROMA – Un giro di cocaina, cibi pregiati, mazzette e pizzini che dal carcere di Latina coinvolgeva pezzi di criminalità e due poliziotti della penitenziaria. Trentaquattro persone sono finite in manette, tra di loro un ispettore in pensione e un agente.
Secondo chi indaga, il primo riceveva denaro per facilitare le comunicazioni dei detenuti e far arrivare loro droga e cibi. Ogni richiesta aveva un prezzo da pagare all’ispettore 56enne, da poco in pensione. E che in soli sei mesi di indagine ha intascato 12mila euro per i servigi offerti ai detenuti.
Cosa accadeva in carcere
In cambio di denaro, il boss di turno poteva trovare una sistemazione temporanea in cella con gli affiliati, per gestire, anche dal carcere, i propri affari. Quando le decisioni venivano prese, sempre sotto compenso, ne veniva data comunicazione fuori dal carcere attraverso pizzini indirizzati al clan o telefonate fatte con cellulari sicuri, spesso ceduti proprio da chi avrebbe dovuto vigilare su di loro. In cella arrivavano droghe e ci si organizzava per cene a base di pesce e astice.
Le indagini
Le indagini dei carabinieri, svolte anche con la collaborazione della direzione centrale per i servizi antidroga del ministero dell’Interno, sono partite dopo alle denunce della direzione del carcere. E hanno consentito, tra l’altro, di individuare i canali di approvvigionamento e spaccio di cocaina, marijuana ed hashish nell’hinterland di Latina.
Gli arresti
Quattro degli arrestati sono finiti ai domiciliari, gli altri sono in carcere a Latina, Regina Coeli, Rebibbia, Frosinone e Santa Maria Capua Vetere, a Caserta. Sono accusati, a vario titolo, di corruzione, falso ideologico, truffa aggravata, ricettazione, detenzione illegale di armi e spaccio di droga.
(LaPresse/di Alessandra Lemme)
