Nel 2020, il costo orario medio del lavoro nell’UE era di 28,9 euro. L’Italia si piazza sopra tale cifra a 29,7 euro (in salita dai 28,8 del 2019), ma non è in cima alla classifica: nel 2020, i costi orari del lavoro più elevati tra gli Stati membri dell’UE, espressi in euro, sono stati registrati in Lussemburgo (47,7), Danimarca (45,7) e Belgio (40,5), e i più bassi in Bulgaria (6,6), Romania (8,2) e Ungheria (9,8). I livelli più alti registrati per il Lussemburgo sono stati 7,3 volte i più bassi registrati per la Bulgaria, mentre nel 2016 i livelli più alti registrati per la Danimarca sono stati 9,5 volte i più bassi (per la Bulgaria). A registrarlo è l’Eurostat, l’ente statistico europeo, che però sottolinea: le disparità sono notevolmente inferiori se il costo del lavoro viene commisurato alle differenze di prezzo tra i vari Paesi. Nel 2021, comunque, il dato italiano era calato a 29,3 euro per ogni ora di lavoro, comunque superiore al livello pre-Covid.
Il costo del lavoro, guardando sempre alla media Ue, sale nel settore economico ‘attività finanziarie e assicurative’, dove un’ora viene pagata il 70,4% in più, 49,2 euro, mentre per le attività è il 40,9% in meno, ovvero 17,1 euro. In media, i dipendenti a tempo pieno nell’UE sono stati pagati per 36,9 ore per settimana di calendario (vale a dire tutte le settimane dell’anno, inclusi ad esempio i periodi di ferie), mentre i part time sono stati pagati per 20,1 ore, circa il 55% dei lavoratori a tempo pieno. Il numero medio più elevato di ore settimanali retribuite per i dipendenti a tempo pieno è stato osservato in Slovenia (40,1 ore), seguita da Austria (40,0 ore) e Cechia (39,7 ore). Il numero medio settimanale di ore retribuite per i dipendenti a tempo pieno era inferiore alla media dell’UE in 12 Stati membri dell’UE, oscillando tra 34,0 ore retribuite in Belgio e 36,8 ore in Finlandia. L’Italia si ferma a circa 35 ore. Per quanto riguarda i part time il numero più alto di ore settimanali medie pagate è stato osservato in Austria (26,4 ore), seguita da Cipro (22,8 ore), Francia (22,3 ore) e Ungheria (22,2 ore). Il numero medio settimanale di ore pagate ai dipendenti a tempo parziale era inferiore alla media dell’UE in 13 Stati membri dell’UE, oscillando tra 13,4 ore settimanali pagate ai dipendenti a tempo parziale in Danimarca e Grecia e 19,8 ore in Belgio. Nel 2020, il 25,3 % di tutti i dipendenti lavorava a tempo parziale nell’UE e il 28,6 % nell’area dell’euro. Nell’UE, la quota più alta di lavoratori a tempo parziale è stata registrata nell’economia prevalentemente non commerciale (35,8 %) e la più bassa nell’edilizia (8,9 %). Guardando al dato italiano, il dato complessivo è del 20,7%: più di un dipendente su 5 nel nostro Paese dunque lavora part time.
Salari e stipendi, inclusi i contributi sociali a carico dei dipendenti, rappresentano la quota maggiore (75,6%) del costo totale del lavoro, seguiti dai contributi sociali pagati dai datori di lavoro (23,4%). La parte restante (1,0%) è assorbita dai costi di formazione professionale, altre spese e tasse al netto dei sussidi al lavoro. Nel 2020, la quota media di remunerazione diretta, bonus e indennità corrisposte in ciascun periodo di paga era del 59,0 % nell’UE e del 58,1 % nell’area dell’euro. La quota più alta è stata osservata a Malta (85,7%), seguita da Lituania (82,0%) e Romania (77,8%). Le quote più basse sono state osservate in Austria (49,2%), Cechia (53,3%), Italia (54,3%), Svezia (55,5%), Spagna (55,6%) e Paesi Bassi (55,7%). All’interno dei contributi sociali versati dai datori di lavoro, i contributi sociali effettivi dei datori di lavoro costituivano la componente principale (19,5% del costo totale del lavoro, a livello dell’UE). In quattro Stati membri dell’UE, quest’ultimo ha rappresentato più di un quarto del costo totale del lavoro: (25,2%) in repubblica Ceca; (25,4%) in Italia, (26,2%) in Slovacchia e (27,8%) in Svezia.
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